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ViraleDopo l’articolo di certastampa, e quello del Fatto Quotidiano, al quale il direttore Marco Travaglio ha voluto concedere l’onore della prima pagina, il caso della clamorose gaffe dell’Anpi e del Comune di Teramo, che hanno dedicato una lapide ad un uomo che in realtà è una donna e, soprattutto, non è affatto una martire perché è viva, sta diventando virale. Ieri, infatti, la notizia è stata rilanciata dal sito de Il Giornale e da Open, la testata in line di Enrico Mentana. Le redazioni dei due giornali, fatte le opportune verifiche, hanno voluto rilanciare la notizia della lapide dedicata a diciannove donne martiri, ma che riporta diciotto nomi femminili e uno maschile, Paolo Del Din, che è in  realtà quello di una partigiana vera, Paola Del Din, la mitica “Renata” staffetta della Brigata Osoppo, prima donna paracadutista militare italiana e prima a lanciarsi in una zona di guerra. Una donna alla quale tutti dobbiamo qualcosa, che ha lasciato con la sua vita una segno indelebile nella storia della nostra Repubblica, ma che non è una martire, perché è viva. Compirà 100 anni ad agosto. 

Sembra che, con una un po’ pietosa, giustificazione tardiva, i rappresentanti dell’Anpi abbiano voluto addebitare la colpa della gaffe sul nome maschile all’errore dell’artigiano, che ha realizzato la stele. Appare fin troppo chiaro che l’errore non è dello scultore, ma di chi non ne ha controllato il lavoro, prima di affiggere la lapide. Tale era l’euforia del momento, anche per la concomitante campagna elettorale, che sia all’Anpi sia al Comune è sfuggito quell’errore. Resta da capire, poi, come sia stato possibile 

Lapidesdedicare una lapide ad una persona in vita, senza la deroga del Prefetto, che in delibera non è citata. Perché quella Paola diventata Paolo, può anche essere un errore, ma il martirio di una vivente è davvero una gaffe-capolavoro. 

E mentre la gaffe corre sui social, su quegli stessi social corre la rabbia di chi, con quella gaffe, ha esposto Teramo ad una figuraccia di portata nazionale. Volano, come sempre, anche gli insulti, addirittura assurde accuse di simpatie fasciste, attacchi di ogni genere. 

Per tutte, valga la risposta di una donna che ha vissuto davvero gli orrori del nazifascismo: «Ne ho viste tante», si è confidata col Corriere, «con quello che è successo a mio fratello che era giovane, bello, giusto e buono, sentir blaterare in giro mi dà fastidio. Lui è morto proprio dopo essere stato ferito da dei fascisti. Ma vogliamo andare avanti? Se ci fossimo comportati bene il fascismo non sarebbe risorto. E il comunismo che cos’è? È una dittatura anche quella, come il fascismo. A un certo punto come faccio io a non arrabbiarmi quando vedo fare atti di violenza fascista da parte di chi si dice comunista? Siamo lì. Uno è nero e l’altro è rosso, è sempre quello».

Parole di Paola Del Din. 
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