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popolofamiQuesta rubrica di satira politica e di politica satirica è entrata in possesso di alcuni documenti che vi proporrà in esclusiva mondiale.
Accordo tra Morra e familisti: un assessorato alle virtù.
Clamoroso scoop: un pentito rivela il rito di iniziazione nella lista di Mauro Hood.
Pd come San Gennaro: si ripete il miracolo, provare a perdere quando hai già vinto. Abbondio Covelli scompare durante un incontro: nessuno se ne accorge.
Brucchi colpito da un fulmine a Colleminuccio: diventa simpatico.
Al comizio grillino un anziano grida “Vaffanculo”:Roccetto lo riprende “Queste parole non si dicono”.
Ve li proporremo secondo il nostro insindacabile giudizio:

 

E’ deciso. E’ scritto. Alleluia. Il candidato sindaco del Popolo delle LiberFamiglie ,pur essendo un noto fascista godurioso che non ha mai disdegnato i piaceri mondani della vita, istituirà a Teramo l’assessorato delle Virtù. “Fatte, cutte, magnàte!” Alleluia.
Anche 75 voti possono servire. “È carne aggiùnde”. E, allora, anche qualche esaltato può tornare buono. Noi in realtà abbiamo saputo che il candidato sindaco per non lasciarsi andare a volgari improperi in foggiano contro gli estremisti ha fatto preventivo ricorso a ripetute sedute di mantra “Nam myōhō renge kyō”. Ma del resto nelle metropoli teramana sodomita (musica forte, bar aperti anche il pomeriggio, donne nei tavoli dei caffè e la pratica promiscua del car-sharing), gli elettori democratici difensori della famiglia - adoratori del budda asceta Adinolfi e profeta Silvio satrapo martire dal Flauto magico e santo perché conobbe la bocca di tale santa martire Belem – si apprestano alla lotta contro il male incarnato in D’alberto detto “Satanasso” e Manola “la peccatrice” che di virtù conosce solo quelle del 1 maggio. Dalle maledizioni è tenuto fuori Mauro Di Dalmazio detto “Belzebù”. In attesa che dio torni a illuminarlo sulla via della poltrona.
Dalle campagne di Miano, dai piccoli centri di San Nicolò, dalle vallate di Colleparco il popolo delle famiglie, forte dei suoi sani valori, si stringe d’assedio al Municipio in attesa dell’assalto finale del 24 giugno. E’ sotto il sole estivo che più importanti saranno gli estremisti dell’ayatolquà Adolf. Quel giorno le roccaforti rosse e decadenti del Pd saranno espugnate prima che a furia di litigare e cacciare la gente non si espugnino da soli, e i peccatori delle liste civiche di D’Alberto saranno riavviati a una vita sana e conforme alle tradizioni. Quelli di Cavallari amici del duo comunista Paolo & Giorgio invece no, nessun perdono per loro ché hanno tradito il verbo di Silvio.
La rivoluzione dei 22 componenti martiri del popolo delle famiglie avverrà con le seguenti modalità:
Il segnale dell’insurrezione contro i peccatori rossi sarà dato da tre colpi di pernacchia contro il cinema Smeraldo dove si proietta il film del noto cumbàgne Garrone, sottotitolato per farlo capire a quelli della Lega. Il popolo familista in festa invaderà pacificamente tutti i cinema di Teramo, cioè uno, e con il loro assessorato imporranno la proiezione in tutte le sale dell’opera omnia di Alvaro Vitali, così simile al leader maximo. La Lega si opporrà perché non capiscono neanche Alvaro Vitali. Loro vogliono Bruce Lee o in alternativa la loro intellettuale Edwige Fenech. Allora a Piazza Martiri dopo la serata di mazurka e saltarello sarà proiettato il rarissimo e inedito “Alvaro Vitali contro Bruce Lee”, che unisce i due generi a loro cari in mirabile sintesi. L’assessorato delle Virtù per l’occasione, a dimostrazione che i vincitori sono generosi con i vinti, darà ad alcuni critici di sinistra l’opportunità di dimostrare che Alvaro Vitali è il naturale sbocco della cinematografia di Godard. Mentre nel Pd qualcuno continua a litigare per la torta che non c’è più, qualcuno sta già facendo la fila per dirlo.
L’assessorato delle Virtù eliminerà l’arte contemporanea, da sempre passione dei radical-chic di tutto il mondo. Verrà sottoposta al severo vaglio di una commissione popolare ogni iniziativa della Lega, padroni assoluti della cultura in città . Basta con i saluti prima dei concerti “nghè, nghù, ghù cèlloduro”. La cultura dovrà avere pochi e semplici criteri di giudizio. L’assessore che fino ad oggi si è espresso solo con frasi tipo “nghè, nghù, cèlloduro” non potrà più usare il termine fallico perché le donne della famiglia potrebbero essere tentare e votare la Lega e non i familisti. Ogni manifestazione dovrà dare spazio all’inno, il “Ballo del qua qua”, i ritratti dovranno essere somiglianti, i paesaggi pure, tutto quello che non è un ritratto o un paesaggio dovrà essere riconsegnato al pittore spiegandogli che non si capisce quello che voleva dire. Tanto dentro la nuova mirabolante sala mostre e museo dell’Ipogeo ci piove. Meglio così…Brucchi un genio!
Per accontentare i familisti, il trucido candidato Morra , con sguardo fiero salirà sulle scale del duomo e, a petto nudo, scandirà “La parola d'ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti, essa già trasvola e accende i cuori dalle Alpi all'oceano Indiano: vincere. E vinceremo!” I familisti sono in delirio. Suor Luisa grida isterica. “Toglietemi il cilicio voglio essere posseduta dal sindaco.”
Un apposito comitato scientifico familista sarà incaricato di riformare il politicamente corretto della destra teramana, correggendolo. Sì alla manata sul culo, ma non quella a due mani. Sì al complimento sconcio, ma senza mulinare la lingua con un rivolo di bava all’angolo della bocca. Sì al rutto, ma senza rinculo. Eccetera.
Ma nasce un equivoco sui termini. Morra intendeva concedere un assessorato alle Virtù di cui è ghiotto. I familisti estremisti intendevano le Virtù Popolari. Il cilicio, le mutande a vita alta, gli zoccoli solo se non lasciano intravedere le dita, giacca e cravatta anche d’estate, l’acqua solo naturale più liscia e sciapita delle loro idee. Su questo, sentito Marcello Schillaci che già aveva pronto il libro e il protocollo, Morra è indispettito e si è riservato di decidere dopo due virtù vere di Marcello. Sembra che, bofocchiando tipo Brucchi, abbia esclamato “Eeeeeh! Milamurt ca tin recchiun! T’agghia fà petàzze petàzze'. A cunfedénze èje 'a mamme d'a mala crejanze” . Ma non è chiaro a chi si rivolgesse. Anche 75 voti fanno comodo.