Moët & Chandon sta allo champagne come il Brunello di Montalcino sta al Tavernello. Sembrano simili, perché sempre di bottiglie riempite con una spremuta d’uva si tratta, ma non potrebbero essere più diversi. E te ne accorgi subito, quando entri nella sede principale della maison ad Épernay, lungo quell’avenue de Champagne, che già solo nella perfezione del pavè di sampietrini, se sei italiano, ti impone un moto di invidia, che si fa stupore se sei teramano, perché intuisci che allora sì, esiste davvero un posto dove le strade di sampietrini …sono tutte di sampietrini, e non vengono rappezzate con le carriolate di asfalto.
Torniamo alla maison dello champagne fondata dal commerciante di vini Claude Moët nel 1743, che era davvero un uomo del nuovo secolo, uno che s’è fatto da solo, un piccolo borghese con un cognome che era in realtà il soprannome di un’altra famiglia, quella dei LeClerc, uno di loro, chiamato “le moet”, il broncio, avrebbe trasmesso quel soprannome e non il cognome vero ai discendenti. Ambizioso, Claude Moët intuisce subito che, nel commercio, sono fondamentali due regole: fare un buon prodotto e avere qualcuno che ti apre le porte giuste. Lo champagne era il prodotto, ad aprire le porte ci penserà invece una bella ragazza di trent’anni, Jeanne-Antoinette Poisson, consegnatasi alla storia col nome di Madame de Pompadour, e le porte che apre sono quelle di Versailles. L’amore per gli affari, ma anche per le arti e per le cose della politica é nel dna dei Moët.
È nelle sale di questo elegante, ma sobrio palazzo che Wagner trovò l’ispirazione per Tristano e Isotta, ed è sempre qui che Napoleone e Giuseppina venivano a passare giornate di tranquillità, come testimonia ancora la botte regalata dall’imperatore ad uno dei discendenti del fondatore.
Questa botte, é la prima cosa che si incontra, nella visita alle cantine del Moët, che diventeranno … & Chandon solo dopo quasi un secolo, nel 1833, quando il controllo passa a Pierre-Gabriel Chandon, genero di Jean-Rémy Moët, a quel tempo proprietario dell'azienda. Ed è davanti a quella botte, che la gentilissima guida, una ragazza francese che parla in un italiano gradevole, annuncia con soddisfazione che «…ogni secondo, nel mondo; viene aperta una bottiglia del nostro champagne brut..», suggestivo ma forse un po’ esagerato, perché se così fosse ci vorrebbero 31milioni di bottiglie, ma la maison dichiara una produzione di 28.
Ma ci sta un po’ di esagerazione, te la puoi permettere, quando sei metà del più importante nome mondiale del lusso, quella LVMH, che sta per Louis Vuitton Moët Hennesy, ma si traduce in 40 miliardi di fatturato con 9 di utili.
E qui il lusso si sente, specie quando entri nello “spaccio aziendale” una specie di gioielleria stile via Condotti, dedicata tutta allo champagne, dal già citato brut ai millesimati costosissimi (fino a centinaia di migliaia di euro), fino ad arrivare all’immagine stessa del lusso liquido a bollicine; il Dom Perignon, che é uno dei brand della maison, ma ve ne parlerò domani.
Torniamo al Moët: ventotto km di gallerie, a trenta metri sottoterra, senza luce diretta e con una temperatura costante, é qui che nasce il più venduto e amato champagne al mondo. Una incredibile ragnatela di tunnel sotterranei, così lunghi e ramificati, che ti chiedi come sia possibile che, scavando, non abbiano trovato le gallerie di qualche altra maison, tipo la “Mercier”, che é solo qualche centinaio di metri più avanti, lungo l’avenue de Champagne.
Poi, però, scopri che anche la Mercier é della LVMH. Anzi: a portare la Dom Perignon nel gruppo, du propio un dono della maison fondata da Eugene Mercier, uno davvero in anticipo sui tempi, specie in tema di marketing: fu lui a costruire una botte enorme, che 24 buoi portarono all’esposizione universale di Parigi; fu sempre lui a costruire un trenino nelle sue cantine, collegato con la ferrovia esterna, che gli consentiva di arrivare ovunque nel mondo e fu sempre lui a commissionare a due ragazzottiuno dei primi video spot della storia.
Quei ragazzotti si chiamavano Aguste e Louis e di cognome facevano Lumière.
ADAMÓ