Mentre il governo Meloni favoleggia la costruzione di nuovi istituti penitenziari, prosegue la strage infinita nelle nostre carceri dove, solo quest’anno, si sono verificati ben 30 suicidi e 71 morti per altre cause. Una strage che si consuma ormai da decenni, in piena violazione della legalità costituzionale, con la costante e reiterata violazione di diritti umani fondamentali. Per una rappresentazione qualificata del desolante quadro, ho intervistato Rita Bernardini, nota per l’instancabile e coerente impegno nel denunciare la situazione di conclamata illegalità in cui versa il sistema penitenziario italiano. L’On. Bernardini è giunta al diciannovesimo giorno di sciopero della fame, nel più assordante silenzio dell’informazione “mainstream”:
Tanti anni sono vanamente trascorsi da quando, con Marco Pannella, abbiamo denunciato la deprecabile condizione delle nostre carceri, proponendo l’amnistia come l’unica soluzione realmente efficace per superare lo stato di conclamata illegalità in cui versano; forse troppi, se si considera l’immobilismo irresponsabile di tutti i governi?
“Vanamente” non direi, Marco Pannella ci ha lasciato un patrimonio di lotte nonviolente del quale occorre farsi forti e, anche se da 33 anni non viene concessa un’amnistia e da 19 anni un indulto, qualche piccolo provvedimento deflattivo è stato varato grazie alle sue e nostre lotte. Ricordo la liberazione anticipata speciale approvata all’indomani della sentenza CEDU cosiddetta Torreggiani, che consentì a circa ottomila detenuti di lasciate il carcere prima del tempo.
Eppure, nonostante le difficoltà, non ti sei mai arresa e con coerenza hai intrapreso un nuovo sciopero della fame. Quale lo scopo?
«Far rientrare il nostro Paese nella legalità costituzionale. Marco Pannella coniò lo slogan “Amnistia per la Repubblica” proprio per sottolineare che è soprattutto lo Stato a dover uscire dalla condizione di “delinquente professionale”. Ci sono crimini che uno Stato democratico non può commettere e riguardano la salvaguardia dei diritti umani fondamentali. E nelle nostre carceri, innanzitutto per il sovraffollamento, si praticano costantemente “trattamenti inumani e degradanti” certificati ogni anno dai magistrati di sorveglianza per almeno 5.000 detenuti. Con il mio sciopero della fame (oggi sono al 19° giorno), che porto avanti insieme a un centinaio di cittadini, sostengo l’appello di Nessuno Tocchi Caino ai parlamentari per un anno di clemenza per tutti i detenuti e per espungere dal cosiddetto decreto sicurezza le parti più ignobili e incostituzionali che riguardano le detenute madri e l’introduzione del nuovo reato che punisce la resistenza passiva, quindi la nonviolenza, nelle carceri».
Quale la condizione attuale del sistema carcerario?
«Siamo al 133% di sovraffollamento con punte del 200% in diversi istituti penitenziari. A questo va aggiunto che il personale è scarso: mancano 6.000 agenti e il numero delle professionalità che dovrebbero aiutare il detenuto a riabilitarsi è semplicemente risibile, sia per quel che riguarda gli educatori, gli psicologi, gli assistenti sociali, i mediatori culturali e i magistrati di sorveglianza i quali, oltre che alla popolazione detenuta e alle pene alternative di chi sta fuori, dovrebbero occuparsi anche di oltre centomila “liberi sospesi”. Inoltre, la sanità penitenziaria è al collasso. In questi primi mesi dell’anno ci sono stati già stati 30 suicidi ma anche 71 detenuti morti per altre cause. Nel carcere di Teramo, per esempio, quest’anno ci sono stati già tre detenuti morti, la cui causa di decesso deve ancora essere accertata. A Teramo il sovraffollamento è del 181% mentre a Pescara, che ha un sovraffollamento del 158%, quest’anno si è già registrato un suicidio».
Reputi valida la solita “idea” del governo Meloni di costruire nuove carceri per risolvere il problema del sovraffollamento?
«E’ la solita scadente e stantia ricetta che viene riproposta da tutti i governi con tanto di Commissario straordinario all’edilizia penitenziaria: tanti soldi, tanti anni per scarsissimi risultati. Nelle more di tutto ciò, la comunità penitenziaria tutta (detenuti e detenenti) è gettata nella disperazione. Questa volta si sono inventati -per fare un po’ di scena- le carceri “prefabbricate”. Si tratta di moduli di cemento che a fine 2025 dovrebbero portare 384 posti detentivi in più per una spesa complessiva di ben 32 milioni di euro. 384 posti mentre ne mancano 16.000: di che parliamo?»
Vincenzo Di Nanna