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RetaseSi chiamavano “giochi di potere”. Era la prima repubblica, ma proprio la prima la prima, la primissima repubblica. Sulla pagina teramana “Il Tempo” del 3 giugno 1956, oltre a dare la notizia che corridoi italiani e stranieri avrebbero preso parte alla ottava edizione del Circuito automobilistico del Castello, scriveva che al comune di Teramo se la Democrazia Cristiana avessero aperto a destra, i socialdemocratici si sarebbero accordati con i nenniani. I democristiani, partito di maggioranza, non sembravano disposti ad aderire alle richieste dei saragattiani e intenzionati ad accettare l’astensione dei missini per consentire la formazione della giunta. Era imminente la convocazione degli eletti che avrebbero composto il prossimo consiglio comunale. C’era qualche variazione rispetto alle prime risultanze e qualcuno che sembrava fosse stato eletto non lo era stato. C’era anche in corso un ricorso per le schede annullate ed era stato disposto un riconteggio dei voti. Ma che cosa avevano chiesto i socialdemocratici? Volevano addirittura esprimere il sindaco, e nella persona di Michele Vaccaro, secondo eletto che avrebbe potuto addirittura vedersi non eletto se il riconteggio avesse attribuito il seggio ad Eugenio Tattoni. La Democrazia Cristiana aveva decisamente respinto al richiesta e il teatro della lotta era pieno di attori, vecchi e nuovi. Si era creduto nel raggiungimento della maggioranza assoluta da parte della vecchia coalizione, che però era tale più di nome che di fatto, e che questo avrebbe potuto portare più facilmente alla composizione della nuova giunta. Si era pensato che i 19 consiglieri democristiani, del repubblicano Marcheggiani, assessore uscente, e dei due consiglieri socialdemocratici avrebbero potuto facilmente mettersi d’accordo. E invece… Si era pensato che facilmente avrebbe potuto essere eletto sindaco il democristiano Carino Gambacorta, affiancato da quattro assessori democristiani, un repubblicano e un socialdemocratico… E invece… tutto era più difficile. I socialdemocratici avevano avanzano una richiesta sorprendente. La Democrazie non era disposta a cedere la carica di di sindaco, per ovvie ragioni di prestigio, ed era disposta a prendere in considerazione altre possibilità, anche l’apertura a destra, o, meglio, la possibilità di un’astensione della destra. Era da escludere senz’altro una soluzione commissariale, perché la Democrazia Cristiana non aveva nessuna intenzione di sprecare il lusinghiero successo elettorale: ben 19 consiglieri eletti su 40. I consiglieri missini erano cinque e la loro astensione avrebbe consentito di risolvere il caso e conservare la carica di sindaco ai democristiani, e cioè a Gambacorta. Insomma, erano arbitri della situazione. La loro astensione, in fondo, non configurava un’apertura a destra della Democrazia Cristiana. Ma i socialdemocratici minacciavano di allearsi ai socialisti nenniani e di picchiare con forza i pugni sul tavolo. Vecchi giochi della prima repubblica. I missini non si astennero, la giunta venne composta e Carino Gambacorta fu eletto sindaco. Quello che avvenne dopo i teramani di oggi lo sanno. Almeno in parte. Oggi i giochi sono diversi, ma uguali e sempre gli stessi. A volte si fanno prima delle lezioni, a volte durante, a volte dopo. Le forme cambiano, la sostanza resta. Partono le richieste, seguono i no, a volte i sì, poi spesso i sì diventano no e viceversa. Qualcuno oggi pensa che si stava meglio quando si stava peggio, qualcuno pensa che si stava peggio quando si stava peggio. Altri pensano, e sono la maggioranza e non vanno a votare.Pensano che non si starà mai meglio. E non votano.

ELSO SIMONE SERPENTINI