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IMG_7420.jpgCi sono eventi che non si raccontano soltanto: si respirano, si vivono nella pelle e nei silenzi sospesi tra una nota e l’altra. Ieri, ai piedi maestosi del Gran Sasso, è andata in scena un’esperienza che ha travalicato i confini del semplice concerto: l’aria tersa dei Prati di Tivo, i colori infuocati del tramonto, l’eco delle montagne. E, nel cuore di tutto, la musica immortale di Ludwig van Beethoven. A rendere possibile questa magia è stato il Festival di Musica e Teatro, curato dalla LuzMek del maestro Carlo Michini, nell’ambito del progetto Adsu ProTer promosso dall'Adsu della Presidente Manuela Divisi, che ha voluto celebrare la bellezza della natura e della grande musica con un evento straordinario. Protagonista indiscussa della serata, l’Orchestra Duchi d’Acquaviva, diretta con grazia e forza dalla maestra Nataliya Gonchak, che ha offerto al pubblico l’emozione di due dei momenti più alti del repertorio sinfonico: la Sinfonia n. 5 e la Sinfonia n. 6 “Pastorale”, per un suggestivo appuntamento del Ciclo Beethoven. Ad aprire l’evento, la voce colta e appassionata del professor Renato Meucci, musicologo dell’Accademia di Santa Cecilia, che ha guidato il pubblico in un viaggio nel cuore delle sinfonie, svelandone la trama simbolica, il legame profondo con la natura, la tensione drammatica e la luce di speranza che da più di due secoli risuonano in ogni angolo del mondo. La Sinfonia n. 5, con il suo incipit inconfondibile – quel destino che bussa alla porta – ha stregato la platea raccolta nell’anfiteatro naturale dei Prati. Le montagne sembravano rispondere all’orchestra, restituendo l’energia della musica in un dialogo segreto e vibrante. Poi, la dolcezza della Pastorale ha abbracciato il pubblico come una carezza d’estate: il mormorio dei ruscelli, il canto degli uccelli, la danza contadina, il temporale e il ritorno sereno alla quiete. Tutto sembrava scritto proprio lì, tra quei boschi e quelle vette. Alla fine, applausi, occhi lucidi, cuori pieni. Non era solo musica. Era la conferma che la bellezza può ancora salvarci. Che l’arte, quando incontra la natura, si fa preghiera laica, promessa di futuro. Nel silenzio che è seguito all’ultima nota, il tramonto ha chiuso il sipario con il suo colore più bello. E il Gran Sasso, antico e immobile, sembrava ringraziare.