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sgattoni.giammarioLa Segreteria del Premio Teramo e l’Assessorato alla cultura hanno programmato un ciclo di incontri letterari dal titolo “Aspettando il Premio Teramo”. Il terzo incontro è stato dedicato alla memoria di Giammario Sgattoni, giornalista, scrittore, poeta, che fu tra gli ideatori e fondatori del premio e si affermò come una delle voci più autorevoli della cultura teramana italiana.
Sgattoni con Ottaviano Giannangeli e Giuseppe Rosato fu condirettore della rivista di cultura “Dimensioni”, collaborò con le riviste “Aprutium”, “Ausonia”, “La Fiera letteraria”, “La Voce Pretuziana”, “Oggi e domani”, “Realtà del Mezzogiorno”, “Rivista Abruzzese”, “Tempo presente”, con i quotidiani Il Messaggero e Il Tempo. Deputato di Storia Patria, Ispettore onorario per i monumenti e le antichità, vicesegretario all’Accademia dei Lincei.
All’incontro, coordinato da Anna Fusaro, sono intervenuti Renato Minore, Antimo Amore e Luigi Ponziani, Mauro Di Girolamo di Spazio Tre ha curato le letture.
Tanti i ricordi emersi sulla figura di Giammario, a cominciare da quando per la Rai abruzzese firmava note letterarie, artistiche, archeologiche.
C’era una qualità davvero preziosa nei suoi scritti, all’innegabile competenza in materia si univa la capacità del racconto che permetteva di far vedere al lettore ciò che lui aveva osservato e che aveva studiato.
Era un ottimo divulgatore, curioso, pieno di “trappole” per catturare l’interesse, sempre in linea con le sue “conversazioni”.
Aveva raccolto le “letture radiofoniche” nel libro “Abruzzo minore”: la storia e l’arte abruzzese, i luoghi e i temi culturali diventavano tracce, percorsi, scoperte e “riscoperte”.
Negli anni la forma preferita divenne la “lettera in versi” che inviava ad amici, appunti di viaggio che costruiva come voce biografica che si dispera anche di fronte allo spettacolo del dolore del mondo.
Grande quantità di argomenti trattati, i suoi scritti rappresentavano quasi “una continua terza pagina”: schede segnaletiche, ricerche, si può parlare di un bene culturale socio-antropologico.
Era un uomo generoso , ma era prima di tutto un poeta, faceva parte di quella generazione nata nel secondo dopoguerra venuta dopo i grandi “padri” Luzi, Bertolucci, Zanzotto, con loro aveva in comune esperienze, tradizioni, scambi epistolari e storie.
Poeta colto fuori dal coro, elegiaco, un po’ malinconico, voce chiara, poesia ermetica che scava nel mondo interiore.
Intellettuale con “molte forme e modi”, sapeva raccontare di ogni traccia artistica la grande e piccola storia, custode della memoria collettiva, aveva scelto la provincia come “grande carta da giocare”.
Lo stile ci conferma che era attento al dialogo, trovava sempre la chiave giusta per condividere con chiarezza, frutto di applicazione e di talento.
Tutti –come dice Piero Angela- sono capaci di scrivere in modo oscuro e noioso, la chiarezza e la semplicità sono sole, non solo perché richiedono sforzo e talento, ma perché quando si è costretti a essere chiari non si può “barare”.
Sgattoni aveva il talento della chiarezza e della semplicità. Amava precisare, talvolta, che i termini usati non erano scientifici perché una corretta divulgazione presuppone anche qualche “piccola rinuncia” per giungere all’accessibilità del dettato.
Passione per il Premio Teramo, “condottiero” e ideatore senza alcun protagonismo, inesauribile custode della memoria dei tanti anni, testimone complice affettuoso, diligente con i suoi aneddoti, peccato che non li abbia mai scritti ne sarebbe venuto fuori un bel libro di “umile segretario”(come amava definirsi).
Persona squisita ed educata “mai sopra le righe”, si distingueva per la sua capacità di fare le cose insieme, ricordi autentici che ci restituiscono l’immagine dell’uomo e dello studioso di cui sentiamo tanto la mancanza.
Uno di quei personaggi capaci di interpretare nel tempo la cultura e la civiltà del luogo di origine e di essere autorevole con quanto di meglio il sentimento nazionale andava elaborando nel campo delle lettere.
Risaltavano in lui i tratti migliori dell’educazione e dell’urbanità ,oggi rare, poeta apprezzato da Pasolini, l’amico-corrispondente di Sanguinetti, interlocutore privilegiato di archeologi che vedevano in lui il ricercatore appassionato.
Sgattoni aveva rivendicato l’importanza della vita di provincia, sottolineava la fecondità degli intellettuali abruzzesi, le difficoltà e i vantaggi del restare in provincia
Si trattava di atteggiamenti , prese di posizione che costruivano le fondamenta civili e culturali , negava il “fuoriuscitismo” degli intellettuali e storicamente risultava uno stimolo per gli intellettuali abruzzesi che avrebbero potuto essere partecipi del dibattito nazionale. Con Rosati e Giannangeli voleva “svecchiare” il mondo degli intellettuali regionali : “siamo tornati da Teramo e provincia e ci restiamo,…siamo stanchi di fare anticamera, chi vuol conoscerci venga…la sera ci urge guardare le stelle”. Una presa di posizione, “attivismo di territorialità”.
Bisognerebbe fare, ciò che lui non ha voluto mai fare, per quel senso molto abruzzese di estrema vanità del tutto che a volte lo accompagnava, raccogliere i suoi scritti in unico volume per mostrare una linea corrente l’immagine completa del poeta e dello scrittore.
Ricordarlo non ha nulla di retorico, è la voce di un grande intellettuale che ha molto da insegnare e che ci invita ancora oggi a tornare a “guardare le stelle”.
Anna Brandiferro

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