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Nell’era della paradossale candidatura della nostra città a capitale della cultura, le vicende dei "due teatri" teramani, il Comunale e il Teatro Romano presentano una stridente analogia: entrambe evidenziano, simbolicamente e concretamente, il fallimento di questa amministrazione nella politica culturale e nella valorizzazione dei punti di riferimento su cui far ruotare quest’ultima. Lo sostiene in una lunga nota il consigliere comunale Gianguido D'Alberto. «Se infatti oggi sul Teatro Comunale si sta consumando una vicenda incresciosa che, con la scelta incomprensibile di delegare in toto la cultura a terzi, dimostra la desolante assenza di una politica culturale e di una strategia che faccia del Comune il punto di riferimento per associazioni, artisti, cittadini, la questione del recupero pieno e funzionale del Teatro Romano sta assumendo contorni grotteschi e quasi offensivi nei confronti dei cittadini che da decenni ormai attendono e combattono per il buon esito dell’opera. A fronte degli imbarazzanti e sfacciati annunci del Sindaco, sul recupero registriamo la totale inerzia. La verità infatti è che ad oggi non solo non esiste uno straccio di progetto, neanche preliminare, ma addirittura non è stato neppure firmato il contratto con i progettisti che definisca ed imponga tempi certi e modalità per la redazione del progetto esecutivo e per la realizzazione dell’intervento. E inevitabilmente, in questo contesto, l’Amministrazione incassa l’ennesima figuraccia: si viene a sapere infatti che lo stesso sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, investita del problema nel corso della sua recente visita a Teramo, abbia risposto comunicando desolatamente che al Ministero… “non esiste alcun progetto che permetta l’avvio dell’iter per il recupero del Teatro romano”, esponendo con ciò a rischio anche i finanziamenti da erogare. Una situazione di stallo politico e amministrativo che è un inaccettabile schiaffo alla nostra città, considerato che sulla necessità del recupero completo del Teatro Romano, il Consiglio Comunale si è espresso nel dicembre 2010, deliberando all’unanimità che lo stesso dovesse avvenire esclusivamente attraverso l’abbattimento di Palazzo Salvoni e Palazzo Adamoli, le cui procedure di esproprio sono ferme dal 2013. A questa volontà del Consiglio Comunale l’Amministrazione deve adeguarsi, così come deve rendere ragione degli impegni assunti con i propri elettori. E invece? Dopo 7 anni,  tutto resta tristemente fermo. La verità è che il recupero pieno e funzionale del Teatro romano non ha mai rappresentato una priorità per il centrodestra teramano e si è trattato solo di uno specchietto per le allodole, buono solo a racimolare voti di chi ha creduto nella verità delle intenzioni. Oggi, di fronte a tutto ciò, chiediamo con forza a chi deve dare risposte sul piano politico e su quello amministrativo, di attivarsi immediatamente per far ripartire le procedure. Sulla questione del Teatro romano, come su quella del Comunale, tristemente comparabili, l’ambiguità dell’Amministrazione non è più tollerabile e va fatta chiarezza perché si tratta di temi fondamentali su cui far muovere il rilancio della città, che oggi, oltre alla drammatica emergenza derivante dagli eventi sismici, deve affrontare la improrogabile sfida della sua rivitalizzazione, passando per le enormi potenzialità che giacciono inattuate. La risposta, infatti, non è nella candidatura a “Capitale della cultura” ma nel fare della Cultura – della sua elaborazione, produzione, rappresentazione e fruizione - il ‘capitale’ su cui giocare il nostro futuro», conclude D'Alberto.