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Trombati. Clamorosamente. Siamo stati clamorosamente trombati. Tutti insieme. O meglio: tutti quelli che davvero pensavano che Teramo potesse diventare capitale italiana della cultura. Tutti quelli che davvero, anche solo per un attimo, hanno pensato che una città devastata culturalmente dall'indimenticabile assessorato della Lucantoni, potesse ambire, come recita il bando del Ministero, a "rappresentare per un anno la nuova offerta culturale e turistica nazionale". Perché sì, per quanto possa sembrare impossibile, qualcuno ha creduto che davvero Teramo potesse diventare un esempio culturale per il Paese. In una città nella quale è stata annichilita ogni forma di iniziativa culturale, nella quale si litiga per poter vantare un teatro vuoto, nella quale si confonde la cultura con l'aperitivo...qualcuno ha creduto di poter diventare "unico" tanto da farsi emblema.
E invece no. Teramo non sarà capitale italiana della Cultura. Le dieci città che si contenderanno il titolo di - ripetiamolo - 'Capitale italiana della cultura' sono, infatti,  Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso. Ne ha dato notizia il Ministero dei Beni culturali che ha spiegato, in una nota, che le città della 'short list' sono arrivate in finale superando le altre 21 candidate al bando dello scorso maggio. Ora dovranno presentare il proprio progetto nel corso delle audizioni della Commissione presieduta da Stefano Baia Curioni. La città vincitrice quindi rappresenterà per un anno l'offerta culturale e turistica nazionale. Entro il 31 gennaio la Giuria dovrà sottoporre al Ministero il progetto della città proposta come vincitrice con una relazione motivata.
Teramo, dunque, che era entrata tra le 31 candidate, deve rinunciare ad un sogno che, di fatto, non è mai stato tale. Semmai un'utopia. E se qualcuno s'illudeva di sentir suonare squilli di gloria, adesso dovrà rassegnarsi ad un suono mesto. Di tromba.