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Harper's Magazine
- Una Lettera sulla Giustizia e sulla Libertà di Opinione –
7 luglio 2020
da una traduzione di Massimo Ridolfi

Le nostre istituzioni culturali stanno affrontando un momento di prova. Le dure proteste per rivendicare una eguaglianza etnica e sociale stanno portando a richieste tardive in merito alla riforma delle forze di polizia ( caso George Floyd, N.d.T.), insieme a domande più ampie di maggiore uguaglianza e inclusione in tutta la nostra società, non ultima nell'istruzione superiore, nel giornalismo, nella filantropia e nelle arti. Ma questa necessaria resa dei conti ha anche intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e impegni politici che tendono a indebolire le nostre norme che determinano la libertà di opinione e la tolleranza delle differenze a favore di una particolare adesione ideologica. Mentre applaudiamo gli iniziali esiti di tutto questo, alziamo però la nostra voce contro le sue immediate conseguenze. Le forze illiberali certamente stanno guadagnando forza in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, che rappresenta una vera minaccia alla democrazia. Ma non bisogna permettere alle forze di opposizione di irrigidirsi e fissarsi nella propria impronta dogmatica o repressiva, che i demagoghi di destra stanno già sfruttando. L'inclusione democratica che desideriamo può essere raggiunta solo se manifestiamo contro il clima di intolleranza che si è palesato da entrambe le parti in causa.

Il libero scambio di informazioni e di idee, linfe vitali di una società liberale, sta diventando sempre più limitato. Mentre ci aspettiamo tale atteggiamento dalla destra radicale, la censura si sta invero diffondendo anche più ampiamente nella cultura cosiddetta democratica: intolleranza alle opinioni contrarie, un particolare gusto per il malgoverno e l'ostracismo, e la tendenza a dissolvere complesse questioni politiche dentro una accecante certezza morale. Sosteniamo il valore di un discorso controcorrente robusto e persino caustico da tutte le parti interessate. Ma ora è fin troppo facile sentire richieste di rapide e severe soluzioni in risposta a comportamenti ritenuti inopportuni e che percepiamo in tal modo solo grazie alla libertà di parola e di pensiero. Ancora più preoccupanti sono quei rappresentanti istituzionali che, nell’intenzione di contenere il danno, in preda al panico, stanno offrendo soluzioni affrettate e sproporzionate invece di riforme ponderate e durature. (Nel campo dell’informazione e della cultura, N.d.T.) i redattori sono licenziati per aver mandato in stampa pezzi controversi; i libri sono ritirati per presunta inautenticità; ai giornalisti è vietato scrivere su determinati argomenti; i professori sono indagati per aver citato opere letterarie in classe; un ricercatore è licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico non autorizzato; e chi è a capo di complessi organismi (statali o privati, N. d. T.) ne viene espulso per quello che a volte è stato solo un errore materiale. Qualunque siano le argomentazioni su ogni particolare caso, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza la minaccia di rappresaglie. Stiamo già pagando il prezzo con maggiore rinuncia al rischio (alla responsabilità, N.d.T.) da parte di scrittori, artisti e giornalisti che temono di perdere i propri mezzi di sussistenza (redditi, condizione patrimoniale, ecc., N.d.T.) se si discostano dal consenso o mancano di sufficiente zelo al sistema.

Questa atmosfera soffocante alla fine danneggerà quelle che sono le ragioni fondamentali del nostro tempo. La restrizione del dibattito, da parte di un governo repressivo o di una società intollerante, invariabilmente danneggia i più deboli e rende tutti meno capaci alla partecipazione democratica. Il modo per sconfiggere le cattive idee passa solo attraverso l'esposizione, l'argomentazione e la proposta, non certo cercando di zittirle o desiderare di allontanarle. Rifiutiamo qualsiasi falsa scelta tra giustizia e libertà, perché non possono esistere l'una senza l'altra. Come scrittori abbiamo bisogno di una cultura che ci lasci spazio per la sperimentazione, per l’assunzione del rischio (della responsabilità, N.d.T.), e persino per gli errori. Dobbiamo preservare la possibilità di dissentire in buona fede senza il rischio di conseguenze professionali (ingiustificate, N.d.T.). Se non difendiamo la cosa da cui dipende il nostro lavoro (la Libertà, N.d.T.), non dovremmo aspettarci che il cittadino o lo Stato la difendano per noi.

I Firmatari, cui si aggiungono idealmente il traduttore e tutta la redazione di CertaStampa (link articolo originale HARPER’S MAGAZINE, A Letter on Justice and Open Debate: http://bit.ly/3TJE1MI )

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