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Piaxavuota “Natura non facit saltus”, la natura non fa salti, sentenzia il motto latino fatto proprio da Linneo nel 1751, fissando un concetto già presente in Leibniz, che già nel 1704 aveva asserito che in natura tutto va per gradi e niente per salti. Per lo scienziato il concetto è scontato, ma per lo storico no, specie quando avverte che nel succedersi dei fatti qualcuno sembra spiccare così tanto in importanza da poter essere considerato il simbolo di una rivoluzione anzi che di una evoluzione. Alcuni di questi fatti vengono, sul piano storico e storiografico, assunti per scandire epoche storiche, la loro origine e la loro fine, sapendo bene che esse non si originano all’improvviso, ma sono il risultato di lente modificazioni, impercettibili ai contemporanei. Tutto scorre, e scorre lentamente, senza salti. Il medioevo, il rinascimento, il risorgimento non hanno inizio in un dato giorno, in un dato mese e in un dato anno, anche se convenzionalmente si sceglie una data per fissare un inizio, l’impero romano con cadde in un giorno preciso, anche se anche per la sua caduta si fissa convenzionalmente una data quasi per imprimerla nella memoria collettiva. Vale anche per le generazioni, che non si succedono per salti, ma per fluida ed intersecata scomparsa di alcune ed apparizione di altre, che delle prime è come se ricevessero il bastone in una metaforica staffetta. Lo stesso vale per i mutamenti culturali che si registrano nella vita delle comunità e delle città, nella cui storia in linea di principio non si dovrebbe registrare che una lenta evoluzione e non improvvise rivoluzioni. Ma non è difficile sul piano storico individuare degli snodi, che sembrano segnare la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra, periodi di decadenza, seguiti da altri di rinascita e di vigore politico e culturale, a loro volta seguiti da altre decadenze e da altre rinascenze.
Nella storia della città di Teramo, lo storico agevolmente individua la scansione-successione di periodi di decadenza e di rinascenza, tanto che per un preciso periodo, quello che vide in Melchiorre Delfico e nei suoi sodali, viene usata l’espressione di “rinascenza teramana”. Mai viene usata l’espressione di “decadenza teramana”, e lo stesso accade nella scansione storica di altre città e di altre nazioni, perché si segnalano le fasi di ripresa a preferenza delle fasi di caduta. La stessa espressione. “rinascenza teramana” io userei agevolmente per i primissimi anni del Novecento, quando la città conobbe i fasti di un rinnovamento straordinario, con l’avvento dell’acquedotto, della luce elettrica, con l’ammodernamento della rete viaria e ferroviaria, con il fiorire delle scienze, delle lettere e delle arti, con una vitalità culturale assai effervescente.
Per la fase storica in cui mi trovo a vivere la mia vecchiezza mi sembra di essere costretto ad usare l’espressione “decadenza”, anche se mi osta il sospetto che io possa essere vittima della tendenza a personalizzare e a cadenzare la storia della città sulla mia personale. Ma molti segnali mi giungono a confermare un’involuzione, anzi che un’evoluzione, un decrescere anzi che un crescere, e mi fanno sospettare che sia scomparendo un’intera generazione alla quale era rimasto il viatico di conservare il tesoro di memorie del nostro vivere collettivo senza che ne stia nascendo un’altra alla quale questo tesoro possa essere trasmesso con la speranza che il dono sia raccolto. Da ciò mi nasce quella febbre che mi fa anelare e sperare che la generazione che sta scomparendo non affidi solo all’oralità la trasmissione di questo sapere storico collettivo che s’è raggrumato, ma ne lasci traccia visibile che si possa ritrovare negli anni a venire, quando spunterà un’altra rinascenza. Anche le generazioni non procedono per salti, ma è troppo forte in me la tendenza a cogliere uno iato tra due generazioni, quella che sta scomparendo e quella che ne sta prendendo il posto, mostrandosi caratterizzata da un’indifferenza verso il passato e da un’attenzione rivolta solo al presente, senza soverchi interessi per il futuro. Ci fu tra i filosofi greci chi rimproverò i propri cittadini di vivere per un verso la propria vita pensando solo all’oggi come se non potessero avere un domani, ma al tempo stesso di ammucchiare ricchezze come se potessero goderne in eterno. Quanta somiglianza vedo tra la mia Teramo e la Efeso di Eraclito! Intanto una generazione scompare e quella nuova non sembra intenzionata a raccoglierne l’eredità morale. Solitamente sul piano storico è questo il segno dell’inizio di un periodo di decadenza. Siamo di nuovo all’inizio di una “decadenza teramana”?


Elso Simone Serpentini

corrosivo