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E’ una storia sconosciuta e straordinaria, quella che, per un curioso intreccio, è riemersa ieri, a Casoli di Atri, nel corso dell’inaugurazione del monumento a Giuseppe Verdecchia, casolano, veterinario storico di quelle contrade, ma soprattutto protagonista assoluto del ‘900: pittore, scultore, poeta, filosofo, scrittore, ebanista, nonché primo Sindaco dell’Atri repubblicana. Un uomo che seppe vivere il suo tempo e se ne fece autore, tanto da avere addirittura un ruolo importante nella nascita dell’ospedale voluto da un Santo, Padre Pio. Siamo nel 1945, è appena terminata la Seconda Guerra Mondiale, Padre Pio decide di riprendere nuovamente il suo progetto per la costruzione dell'Ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza". Il progetto era stato completato su carta nel 1940 dall'architetto Sirio Giammetta, originario di Frattamaggiore. Tuttavia, questo nome doveva essere cancellato dal progetto cartaceo perchè Giammetta era stato un giovane accademico fascista nell'Università di Napoli, come assistente di cattedra del Professor Alberto Calza Bini, fondatore della Facoltà di Architettura di Napoli e amico diretto di Benito Mussolini. Come tutti i giovani di quel periodo Sirio Giametta aveva creduto al Fascismo. Il suo, era un nome che non poteva più comparire sul progetto.
Nel 1945 Padre Pio e il primario chirurgo dell'ospedale di Atri, Federico D'Alfonso, stavano quindi cercando qualcuno che fosse in grado di ricopiare il progetto di Sirio Giametta per togliere dalle carte del progetto quella firma “problematica”, che ovviamente non era gradita al Governo italiano e sistemando al contempo su carta anche qualche tramezzatura del reparto di Chirurgia. E’ a questo punto che la storia incrocia Giuseppe Verdecchia, che era molto amico del Dottor Federico D’Alfonso e che aveva un figlio di nome Carlo, studente modello dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, in quel periodo la più importante in Italia. Verdecchia propose al primario dell'ospedale di Atri proprio il nome del figlio, bravissimo nel disegno tecnico e artistico. A Carlo Verdecchia sarebbe dunque andato il compito di rilucidare il progetto di Sirio Giametta, per poter così produrre tutta la documentazione cartacea necessaria a Padre Pio per chiedere agli Stati Uniti le prime somme per finanziare e, quindi, iniziare la costruzione dell'ospedale a San Giovanni Rotondo.
Purtroppo, Carlo Verdecchia, che era anche un talentuosissimo pittore, disse a Padre Pio che non poteva in alcun modo occuparsi di questa cosa, perché la moglie non stava bene, non solo, aveva appena avuto l'incarico di dipingere un importante e impegnativo affresco in una chiesa di un paese vicino Atri, pur volendo con tutto il cuore aiutare il santo del Gargano gli dovette comunicare di non aver nemmeno un minuto libero per dargli una mano per il progetto dell'ospedale. Ma avrebbe fatto di tutto, insieme al padre Giuseppe, per trovare qualcuno che avrebbe aiutato Padre Pio al suo posto.
E, infatti, passata qualche settimana Giuseppe e Carlo Verdecchia riuscirono a convincere un ingegnere 50enne di Atri, molto bravo, non ancora sposato, che lavorava come ingegnere Capo presso il Genio Civile di Pescara, tale Gaetano Candelori, già Padrino di Cresima di Carlo Verdecchia. L'ingegner Candelori accettò l'incarico, che avrebbe reso felici i Verdecchia ma soprattutto Padre Pio da Pietrelcina, che aveva già tanti devoti in tutta Italia e era già conosciuto da tutti a Atri e nell'intero Abruzzo.
Così grazie a Giuseppe Verdecchia e suo figlio Carlo, Padre Pio potè procedere a San Giovanni Rotondo nella costruzione del suo ospedale. I primi soldi da parte del Governo Americano cominciarono ad arrivare e i lavori poterono iniziare ufficialmente nel 1947.
La scoperta di questo importantissimo passaggio storico nella storia dell'ospedale di Padre Pio, nonchè della storia di Atri e di Casoli d'Atri, è del Gruppo di Studio e Ricerche storiche coordinato dagli architetti Dario Zingarelli e Gaetano Lombardi di Foggia (ricerca condotta sulle "Opere di Architettura realizzate da Padre Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo"), che ha ritrovato materiale documentale inedito. La testimonianza diretta del figlio del Dott. Federico D'Alfonso, Pietro D'Alfonso, all'epoca 15enne, è importante perchè fu testimone oculare di quegli avvenimenti intercorsi tra Pescara, Atri e Casoli d'Atri, svelandone per la prima volta i retroscena. Giuseppe Verdecchia e suo figlio Carlo erano spesso nello studio di suo padre, chirurgo nell'ospedale di Atri, e spesso ospiti anche a casa dello stesso medico a Pescara proprio per le consultazioni private necessarie ad organizzare l'aiuto che Padre Pio richiedeva loro, consultazioni necessarie per la realizzazione dell'ospedale a San Giovanni Rotondo.
Oggi Pietro D'Alfonso ha più di 80 anni, vive a Roma, con commozione ricorda insieme all'architetto Dario Zingarelli questa storia importante che rende lustro, non solo alla famiglia Verdecchia, ma a tutti gli atriani. Soprattutto, rende giustizia alla Storia, perchè adesso, finalmente, sarà possibile legare ufficialmente il nome di Padre Pio a Casoli d'Atri, il paese abruzzese da dove, nell'immediato Dopoguerra, ebbe inizio questa vicenda particolare che si lega a Padre Pio da Pietrelcina e al suo ospedale di San Giovanni Rotondo. Anche il Vice Sindaco di Atri, Domenico Felicione, ha rimarcato fortemente l'importante iniziativa storica, culturale e civica di ieir, proprio per sottolineare il grande dono fatto a Casoli d'Atri dal nipote di Giuseppe, l’imprenditore Mario Verdecchia, che ha voluto celebrare il nonno con una mostra, un convegno, un importante catalogo e il busto disvelato ieri, che ricorda l’importanza di un uomo che, da Casoli, seppe guardare il Mondo.