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Ioamote... quindi porto me velocemente all'interno della mostra (Ah già, non devo dare mai per scontato che qualcuno mi segua e, mentre mi insegue, abbia pure avuto il tempo di leggermi in queste mie incursioni spregiudicate – cioè senza alcun giudizio – nel quotidiano, spoglio, nudo degli arnesi della scrittura d'arte, fuori dal mestiere di chi scrive non solo per tirare a campare insomma).

Un passetto indietro allora è il caso proprio di farlo: a una platea folta – molto più di quanto avvenga a Teramo, che è la mia città, CHEIOAMOTE –, intervenuta a guardare la ormai rara opera incisoria per mano del Maestro Fausto Roncone (vedi qui contributo: https://bit.ly/3ltUEAu), dissi che l'unica preoccupazione, l'unica attenzione che ci è possibile di fronte all'opera d'arte, è quella di portare noi stessi –così fessi come siamo –, e che non c'è bisogno di nessuna particolare altra e alta preparazione che la nostra propria esperienza, racchiusi in quel momento del guardare nei nostri corpi, nei nostri pensieri e nei nostri fiati; non c'è altro strumento utile alla conoscenza come l'Iodell’esperienzairrimediabilmente racchiuso dentro ognuno di noi, come non può esserci nessuna sufficiente preparazione innanzi a una opera d'arte che sia tale, perché, se fosse così, ci troverebbe inevitabilmenteimpreparatidobbiamo superare i limiti della conoscenza, affermava l'imprescindibile poeta americano Robert Frost (1974-1963) in una storica intervista del 1952, raggiunto nella sua fattoria del Vermont dalla NBC.

Quindi, ripartendo da dove mi sono interrotto, mi intrufolo velocemente nell'ARCA – nessuno si è accorto di me (e menomale), a parte il Caro Maestro Glauco Barlecchini, che mi onora del suo saluto e di attente, seppur brevi, annotazioni tecniche –, e mi trovo davanti, subito, appena dopo il portone d'ingresso dell'ex Provveditorato, due enormi bagnarole di plastica nera con dentro a galleggiare due barchette, pure queste fatte della peggiore invenzione dell'uomo dai tempi del fraticidio (Genesi 4-8),che, paradossalmente, è l'unica veramente marxista perché davvero anticonsumistica in quanto la plastica è sostanzialmente inconsumabile, quasi quanto la poesia. L'opera vorrebbe, concettualmente, denunciare testimoniare e significare La Tragedia che si consuma da più di un Ventenniosulla scena delle mosse e profondissime tavole acquee del Mediterraneo, brodo genitore dell'intera umanità, tema che l'artista insiste per l'interezza – o quasi – dei lavori esposti nella collettiva o collettanea che raccoglie la ricerca ultra decennale degli artisti raccolti in mostra nell’ARCA.


Salgo le scale e sulla parete di destra, appena dopo l'uscio che immette alle sale espositive – allestite magistralmente, nonostante la infelice disposizione nativa dei volumi della recuperata struttura architettonica – , non posso che pensare a  Roy Lichtenstein (1923-1997), e, quando torno con lo sguardo a guardare dritto, sulla parete a me di fronte – un po' a sinistra – non posso non pensare a Andy Warhol (1928-1987) ma appesantito da strutture lignee – qui finisce il pop.

Allora mi giro di 180° e trovo una tela finemente decorata, che mescola vegetali e volti umani, e tanto altro ancora ma che non mi avvisa di là dal decorativismo e della intelligenza tecnica daattesoricamato tristo arabesco occidentale.

Non mi arrendo e proseguo nell'altra sala ed ecco ancora il Déjà vu– sì: penso ancora a David Crosby (1941-2023) – che inevitabile mi coglieSarà mica il parente povero di DamienHirst? pensò – grazie e Per l'Amore di Dio lo penso solamente (si noterà che è l'unico vivente di quanti nominati in questo articolo) –che, però, scoprocapace autore di due davvero magnifiche oche: la mia passione per il petto d’anatra (o anitra) è noto.

Allora decido di riprendere fiato, il tempo di vedere su uno schermo una serie di brevi video che mi sembra pure questi di aver sempre visto; però, in compenso mi riposo – sapete, mi muovo da solo solo con i piedi –; e mentre mi riposo e innanzi ai miei occhi già sazi (e allo stesso modo sento il mio proprio corpo, pensiero e fiato) scorre l'ognicosa, penso, così fesso come questi credono che siamo, ai cut-up di BrionGysin (1916-1986) e ai film cheAntonyBalch (1937-1980) dedicò a William S. Burroughs (1914-1997), tra il 1963 e il  1972, corti o medi metraggi che vanno dall'1' e 26'' ai 45' e 7''.

Finalmente ho trovato ristoro ma quando esco dall'ex Provveditorato agli Studi cerco subito conforto nel calendario del mio smartphone11 febbraio 2023, ore 18:51, 5 °C, umidità 70%.

Beh, a questo si può resistere.

MASSIMO RIDOLFI

IOAMOTE: https://bit.ly/3DYahGY