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«E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno.»
Tra Torino e Alba sta avendo luogo il convegno Una parte per il tutto in occasione del centenario dalla nascita di Beppe Fenoglio (1922-1963), l'autore di uno dei due romanzi più importanti del Nostro Secondo novecento, Il partigiano Johnny, 1968 – l'altro romanzo è, ovviamente, Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi (1902-1975), 1945, che dalla sua può vantare una compiutezza che Fenoglio non ha avuto destino di raggiungere stroncato giovanissimo, appena quarantenne, da un tumore ai polmoni causa il suo irrefrenabile tabagismo: entrambi piemontesi ma Levi della nobile Torino mentre Fenoglio delle dure Langhe contadine, di Alba, da dove non si è mai allontanato sennò per combattere da militare, prima, e da partigiano poi dopo l'8 settembre del '43, quando Levi era già al confino in Basilicata, tra Grassano e Aliano – dove riposa a spiovente sui calanchi, venerato –, nell'arso entroterra materano, da più di 8 anni.

Libri fondamentali perché sono i primi a dirci con il senso del Vero quella che era in realtà – nella realtà – l'Italia fascista, con Levi, e quella che è stata la Resistenza, con Fenoglio, partigiano monarchico che ha sempre rifiutato un riciclo nei partiti del Secondo dopoguerra scegliendo di rimanere nella sua Alba a vendere vini, scelta che, sicuramente, ha reso più difficile, meno digeribile per la dominante intellighenzia marxista il suo riconoscimento letterario.

Quindi Il partigiano Johnny è un'opera incompiuta causa l'improvvisa dipartita del suo autore, che, per forza del destino, oggi – e sempre –, dobbiamo accettare nella versione assemblata dai vari curatori Einaudi sin dalla prima edizione postuma del '68, giungendoci sicuramente non in quella che sarebbe stata la versione di Fenoglio: Il partigiano Johnny è da intendersi come principio di romanzo, una idea di romanzo che l'autore inizia a cullare da subito dopo la guerra ma che solo nel '57 prova  davvero a ordinare, quando le canne del suo M1 calibro 30 e della sua Colt 45 erano ben diacce. E la scelta formale che compie l'autore è fondamentale e filologicamente inedita nel racconto della Resistenza italiana; racconto che prima di questo libro ha avuto sempre la forma del memoriale, del diario narrativo ma mai del romanzo vero e proprio, vale a dire di una distaccata analisi dal Vero in terza persona.

Le celebrazioni del Centenario dalla nascita di Beppe Fenoglio, Alba 1° marzo del '22, sta avvenendo ancora in sordina e con grave ritardo: primo a dedicarsi al grande scrittore della Resistenza, con una puntualità che gli è propria,  è stato Gianfranco Lauretano con il suo viaggio biografico alla ricerca dei Luoghi dello scrittore con il volume Beppe Fenoglio. La prima scelta, Ares, 2022; Lauretano è un ricercatore attento perciò mai scontato – basta guardare almeno i titoli della sua opera saggistica per rendersene conto, dove troviamo nomi quasi dimenticati o soggetti totalmente riscoperti: Federigo Tozzi (1883-1920) e Clemente Rebora (1885-1957), Guido Gozzano (1883-1916) e Cesare Pavese (1908-1950), tanto per fare dei nomi, perché a muovere la ricerca dell'autore cesenate non è mai il calendario della convenienza editoriale ma quello della passione, dell'Amore, ed è un dovere rendergli merito di questa sua propria direzione ostinata e contraria in un mondo delle patrie lettere sempre a navigare sul fiume grande, senza rischio alcuno, difatti non mi risulta sia presente Gianfranco Lauretano tra i relatori di Una parte per il tutto.

Personalmente ho incontrato per la prima volta Beppe Fenoglio a Teramo, in Via Stazio, a casa di Alessio Biocca, quando eravamo entrambi ancora molto giovani – forse già ventenni ma sicuramente più felici.

Ricordo benissimo quel giorno come ricordo che era estate, quando c'è più tempo da conquistare alla lettura. Alessio, ricordo bene, mi fece salire a casa sua, mi fece entrare nella sua cameretta, dove, dietro la porta, trovava posto una piccola ma colma libreria bianca, e sulla costa di uno di quei molti libri che io non avevo – e se allora ne avessi, sarebbero stati sicuramente molto meno dei suoi – lessi: Il partigiano Johnny. Che esistesse, in qualche modo, un partigiano americano non lo avrei mai creduto possibile prima di vederlo scritto in quel libro, perché Fenoglio, in realtà, in verità, seppure formatosi sugli inglesi, e sulla nuovissima letteratura americana che guarda per scrivere il suo libro grosso, in particolare al modo di Ernest Hemingway (1899-1961), sopra tutti e tutto.

Ho conosciuto Beppe Fenoglio grazie ad Alessio Biocca, e tutto quello che c'è scritto in questo articolo prima di arrivare a questo punto, è in realtà solo il pretesto per giungere a dire di Alessio, di quella estate, della sua cameretta, dei suoi molti libri dietro quella porta, tra i quali la prima scelta mia cadde su Il partigiano Johnny, e a ringraziarlo per avermelo prestato affinché lo leggessi.

MASSIMO RIDOLFI