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Un omaggio a chi, con la propria vita, ha testimoniato che combattere contro ogni Mafia è un dovere morale e civile. Un omaggio a chi, oggi, promuove i valori della legalità "facendo bene il proprio mestiere, con onestà e impegno, fino in fondo". E' stata una preziosa occasione di memoria la messa a dimora di una talea di quel ficus che campeggia davanti alla casa palermitana del giudice Giovanni Falcone e della moglie Francesca Morvilli, uccisi nella strage di Capaci nel 1992 e da oggi in un'aiuola nel cortile della Caserma del Comando provinciale dei Carabinieri di Teramo. La seconda città italiana in cui c'è, da oggi, l'Albero di Falcone. Un segno tangibile che la lotta alla mafia non è materia di libri di Storia ma è pane quotidiano per chi indossa la divisa e chi lavora nel campo della Giustizia. Non solo, però. Perchè è stata altamente simbolica ed incoraggiante la presenza degli studenti dell'istituto di Montorio e dell'Istituto D'Alessandro di Teramo, nelle cui mani è stata affidata quella talea poi piantata nell'aiuola e coccolata da un bellissimo tricolore: è stato proprio a loro, alle giovani generazioni, che è andato il messaggio delle Istituzioni presenti. E proprio il colonnello Pasquale Saccone, comandante provinciale dei Carabinieri di Teramo, ha voluto raccontare ai ragazzi la storia di vita, di impegno e di coraggio, di un servitore dello Stato come il capitano D'Aleo, medaglia d'oro al valore civile morto a Palermo, nel 1983, per mano di Cosa Nostra. Prezioso un passaggio del discorso del procuratore capo di Teramo, Ettore Picardi (che oggi festeggia il primo anno alla guida della Procura locale), quando ha ribadito che "eroi o non eroi, quello che ci deve guidare è sapere di fare, ogni giorno, al meglio il nostro lavoro". Mai come oggi che la mafia, magari uccide meno, ma si è ramificata in tanti ambiti e solo una battaglia di civiltà e legalità potrà armare le coscienze e alzare sempre la testa davanti ad ogni ingiustizia. 

ASCOLTA IL COLONNELLO SACCONE -COMANDANTE PROVINCIALE CARABINIERI TERAMO

Di seguito il discorso tenuto dal Colonnello Saccone:

“Il tramonto. Il pomeriggio se ne va. Il tramonto si avvicina, un momento stupendo, il sole sta andando via (a letto), è già sera, tutto è finito”. Aveva nove anni Nadia NENCIONI, quando, il 27 maggio 1993, fu uccisa dall'autobomba di via dei Georgofili a Firenze con papà Fabrizio, mamma Angela, la sorella Caterina e lo studente Dario CAPOLICCHIO. Pochi giorni prima, Nadia scrisse questa poesia su un quaderno che tuttora conservano i suoi zii e che il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri ha scelto come titolo “Tramonto” per denominare l'operazione che ha portato, il 16 gennaio scorso, alla cattura di Matteo MESSINA DENARO.

Questi, capo clan mafioso, esponente dell’ala stragista di Cosa Nostra unitamente a Totò RIINA e Bernardo PROVENZANO, rappresenta l’ultimo latitante catturato dallo Stato da quel lontano 23 maggio 1992, giorno in cui, a Capaci (PA), ordì un ulteriore vile attentato che portò alla barbara uccisione del Giudice Giovanni FALCONE, di sua moglie Francesca MORVILLO e degli agenti della Polizia di Stato impegnati nel servizio di scorta.

Ebbene questa poesia è il primo conto, quantomeno morale, che è stato presentato a Matteo Messina Denaro dai Carabinieri nel ricordargli solo una delle piccole innocenti vittime della sua ferocia. La stessa ferocia che ha ordinato un’altra uccisione innocente quella di Giuseppe DI MATTEO, ragazzo quindicenne, per suo ordine, sciolto nell’acido dopo un sequestro durato due anni e colpevole solo del fatto che suo padre, Santino DI MATTEO, aveva avviato, poco prima, un programma di collaborazione con lo Stato.

Autorità, Rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, Delegati Co.Ba.R. e Co.I.R., cittadini tutti, cari ragazzi dell’Istituto Comprensivo “D’Alessandro-Risorgimento” di Teramo e dall’Istituto Comprensivo “Montorio-Crognaleto” di Montorio al Vomano, nel ringraziarVi per essere intervenuti a questa cerimonia, desidero illustrare, fin da subito, quale sia il valore simbolico che oggi noi le attribuiamo.

Lo stesso Giudice Giovanni Falcone, in un suo intervento pubblico sulla mafia, quasi a volerci lasciare un’eredità morale, presagendo il suo triste destino, ebbe a dire: “Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”. Noi, dunque, oggi, siamo qui presenti, perché quelle idee di legalità e di giustizia sociale vogliamo farle camminare, anzi vogliamo farle correre, tramandando alle generazioni future, con la simbolica “messa” a dimora di una talea, i valori di riscatto e di lotta per l’affermazione del diritto e del rispetto per gli altri.

Oggi, dunque, in un più ampio progetto nazionale di educazione alla legalità, specie ambientale, denominato “Un albero per il futuro” e promosso dalla Fondazione Falcone in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in questa Caserma dei Carabinieri, la seconda in Italia e nella città di Teramo, piantando, come faremo a breve, questa talea, simbolicamente vogliamo rappresentare che l’Arma, le altre Forze di Polizia di questo territorio e la comunità tutta teramana sono unite nella lotta contro tutte le mafie.

La talea, divenuta simbolo di riscatto civile, è estrapolata dalle gemme di ficus ricavate dall’“Albero di Falcone”, un albero che si trova davanti all’abitazione palermitana del magistrato.

Le procedure per la duplicazione e la distribuzione delle gemme sono attuate, mediante peculiari processi di laboratorio, presso il moderno Centro Nazionale Carabinieri per la Biodiversità Forestale di Pieve S. Stefano, Arezzo, dove, vengono portati a radicazione numerosi esemplari dello stesso genoma, come quello che oggi, a breve, andremo ad impiantare.

L’ “Albero di Falcone”, dunque, cari ragazzi, è simbolo di legalità, di lotta alla criminalità e vuole instillare, specie nella vostra generazione, la consapevolezza dell’indispensabilità dell’impegno sociale e della salvaguardia ambientale.

Aggiungo, inoltre, che la talea che pianteremo, come le altre, è corredata di fascetta con QR CODE, che consente l’automatica geolocalizzazione sul sito www.unalberoperilfuturo.it e il calcolo, in tempo reale, mediante algoritmo, del quantitativo di anidride carbonica assorbita.

L’iniziativa odierna è, però, finalizzata anche a promuovere nella memoria collettiva e in quella delle future generazioni, la figura di un nostro Carabiniere, anch’egli vittima della mafia.

Mi riferisco al Capitano dei Carabinieri Mario D’ALEO, nato proprio il 16 febbraio 1954, oggi sarebbe dunque ricorso il suo 69° compleanno, e che, invece, è stato barbaramente ucciso da Cosa Nostra a Palermo, nel 1983, insieme a due fedeli collaboratori, l’Appuntato Giuseppe BOMMARITO e il Carabiniere Pietro MORICI.

Abbiamo scelto di ricordare la sua figura perché egli era un ragazzo come voi, spensierato, gioioso della vita.

Pensate che, da ragazzino, ha militato persino nelle giovanili della Lazio, giocando il campionato 1970/1971, senza tralasciare gli studi presso il Liceo Scientifico “Cavour” della Capitale, dove ha conseguito la maturità nel 1973.

Un carattere esuberante il suo, tanto che inizialmente ebbe diverse difficoltà ad abituarsi ai rigidi ritmi dell’Accademia Militare di Modena ma è stata la sua caparbietà a permettergli di continuare il percorso che aveva scelto e prestare giuramento al Tricolore. Una scelta difficile da capire per molti, soprattutto per i giovani, quella di lasciare l’acclamazione di uno stadio di calcio per una divisa e per la lotta al crimine ma la vita, si sa, è fatta, di bivi e qualunque sia la direzione sarà la persona che anche in questo nuovo contesto farà la differenza.

Bene! Presto il Cap. D’Aleo diventerà caparbio anche sul territorio siciliano, tanto da mettere in difficoltà gli assetti organizzativi mafiosi, allora ancora embrionali ma già molto efferati. Fu tra i primi a dare la caccia a Totò Riina e morirà proprio per mano del suo clan in un agguato a Palermo il 13 giugno 1983.

Alla sua memoria, il 31 agosto del 1983, viene conferita la Medaglia d’Oro al valor Civile, con la seguente motivazione:

“Comandante di Compagnia Carabinieri operante in zona ad alto indice di criminalità organizzata, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva, con elevato senso del dovere e sprezzo del pericolo svolgeva tenacemente opera intesa a contrastare la sfida sempre più minacciosa delle organizzazioni mafiose. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato tesogli con efferata ferocia, sacrificava la sua giovane vita in difesa dello Stato e delle istituzioni”.

Ci auguriamo tutti che questa giornata vi resti bene impressa, perché possiate ricordare sempre che il sacrificio e la lealtà alle Istituzioni di questi uomini, di cui oggi onoriamo la memoria, sono alla base della nostra democrazia e della nostra libertà, di cui, vedendo cosa succede a pochi kilometri da noi, dobbiamo essere sempre più riconoscenti e saggi nel conservarle intatte.

Grazie

Col. Pasquale Saccone

 

 

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