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carcere 300x78Interviene con una nota Casa del Popolo all'indomani del suicidio in carcere di un 45enne teramano detenuto nel penitenziario di Pescara. "Basta morire di carcere", scrive Casa del Popolo ricordando il 45enne come "Un ragazzo con un passato difficile alle spalle, che la società avrebbe dovuto aiutare attraverso un supporto reale e che al contrario, attraverso il suo sistema collaudato, fatto di reclusione, sofferenza e degrado, ha condannato a morte". E ancora: "Il dolore per questa giovane vita si trasforma in rabbia nel sapere che aveva chiesto la pena alternativa per gestire i problemi psichici che proprio in carcere gli erano stati diagnosticati, e che la reclusione non faceva altro che acuire. Ci chiediamo perché questo grido di aiuto non sia stato ascoltato dal Magistrato di Sorveglianza e soprattutto, perché Luca non sia stato trasferito presso la residenza abruzzese per l'esecuzione delle misure di sicurezza, (Rems) di Barete. Perché? Quanti morti dovranno avere ancora sulla coscienza prima di capire che il carcere rappresenta lo strumento principe del fallimento di questo Stato democratico? Lasciar marcire esseri umani in una tomba per vivi per punirli dei loro reati è anche contrario alla finalità del carcere stesso, che a detta dello stesso Stato dovrebbe essere di recupero e reinserimento sociale. È ora di mettere fine a questa barbarie e pretendere il rispetto della dignità dell’essere umano. Non si può morire di carcere così come è stato per Luca e così come sarà per Alfredo Cospito". La nota di Casa del Popolo si chiude con una critica anche all'indirizzo del sindacato di categoria della polizia penitenziaria Sappe: "Prima di puntare il dito verso qualcuno si facessero un esame di coscienza proprio loro, che sono parte dell'ingranaggio e parte fondamentale del problema, e questo lo sanno bene…"