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Screenshot_2023-11-22_alle_15.04.43.png“Sono sempre stato in carcere”. È una frase che vale una vita di sofferenze, quella con la quale Francesco Di Rocco, il 49enne parricida della Stazione, ha raccontato al magistrato la sua dolorosa quotidianità. Da sempre, il rapporto con il padre è stato difficilissimo, una vita di rimproveri e di imposizioni, di violenze fisiche e verbali, di isolamento, di negazioni. Poteva uscire solo per andare all’università (gli mancano tre esami per la laurea in veterinaria), e a volte le una passeggiata, ma niente più. Mai un amico a casa, mai una festa. “Un carcere”, appunto. E da quando è morta la madre, due anni fa, la situazione è anche peggiorata. Liti su liti, discussioni su tutto, rimproveri su tutto… fino all’alta sera, quando ha preso il coltello della cucina e ha sferrato i colpi. Quanti? Non lo sa, di quei momenti ha un ricordo confuso. Ricorda di averlo colpito, alla testa, al torace… sapere di averlo ucciso gli provoca, però, un grande dolore. “Qui in carcere sono stati tutti gentili… - racconta - mi hanno accolto con educazione… “. Meglio che a casa.

ASCOLTA QUI L'AVVOCATO BENGUARDATO DOPO LA CONVALIDA DELL'ARRESTO CON INTERROGATORIO