È di questi giorni il fantasioso esercizio tutto italiano dei distinguo, rinfocolato dagli ultimi eventi legati al 25 aprile e alle reazionarie esternazioni di stampo fascista: cori e saluti romani, rasature e costumi d'occasione, tutto compreso, tutto in stile, tutto in linea con i tempi.
Sul web ho pescato Massimo Cacciari che minimizzava su tali manifestazioni, e per certi versi aveva ragione perché sono solo folcloristiche e non hanno nessuna possibilità concreta di farsi azione parlamentare, ma non vanno assolutamente tollerate. Perché poi non ci si può mica lamentare che del 25 Aprile resti da farne solo una scampagnata, anche folcloristica. Perché il 25 aprile 1945 è e resta la data più importante della Storia d'Italia, è segna imperituro un atto di coraggio grandioso da parte del ritrovato popolo italiano, che, aiutato dagli Alleati, si liberò, finalmente insieme, per sempre del fascismo. Per questo certi gesti non possono essere tollerati dalla Nostra Repubblica.
Sul web ho trovato pure un articoletto di Marcello Veneziani dove si sforzava di motivare il suo proprio non riuscirsi a dire antifascista, che invece di dire tante fesserie tutte insieme, poteva dichiararsi direttamente fascista e basta, se tanto ci teneva: in democrazia ognuno è libero di essere ciò che vuole ma non di farne un partito del proprio residuato fascismo. Pessimo intellettuale colui che si nasconde dietro alle parole. Pessimo individuo costui. Però, fortunatamente, appare poco in televisione, a differenza di Cacciari - ma io mi salvo da me non guardando il porcile televisivo italiano.
Ma Veneziani non è la sola mascherina in giro in questi giorni di Carnevale istituzionale, perché è diventato uno slogan ultimamente il proprio non riuscirsi a dire antifascista del fascista, perché davvero succede che uno non si accorga di essere fascista perché il razzismo ce l'abbiamo tutti dentro, è parte dell'istinto di sopravvivenza e conservazione, è un istinto animale, atavico, ma solo il fascismo è riuscito a dargli una grammatica, quindi una lingua: prima lo schiavo o il servo della gleba credevano di vivere la loro condizione come dato naturale, vale a dire che credevano di essere nati schiavi e servi, come un lupo nasce lupo o una pecora pecora, poi arriva il fascismo è dice loro che non sono schiavi o servi per nascita ma perché sono geneticamente inferiori agli uomini bianchi, e che perfino un bianco è geneticamente inferiore a un bianco se non è bianco come loro. Questo è il fascismo. Tutto questo e non altro. Perciò sentiamo dire spesso: "Io non so cosa è stato il fascismo perché non c'ero." E tra un po' succederà che non c'era nessuno quando c'era il fascismo, considerati i pochi sopravvissuti a ottant'anni dalla Liberazione.
Ho pescato pure un manifestante di Casa Pound (di cui mi piacerebbe sapere sapessero qualcosa della sua opera letteraria) che dialogava con la Polizia durante una manifestazione lamentando che avessero con loro un eccessivo spiegamento di forze, e la Polizia che dialogava con questi, mentre non perde tempo a manganellare i cosiddetti antagonisti, e altri sinistri.
Ho pescato pure Ignazio Benito Maria La Russa protestare con un giornalista che gli chiedeva una sua opinione sui saluti romani (e i cori fascisti) alzati a Milano in memoria di Sergio Ramelli (1956-1975), barbaramente ucciso dai comunisti "combattenti" il 13 marzo 1975 all'età di 19 anni perché fascista. Ovviamente, La Russa non ha preso nessuna posizione in merito ai modi con i quali i fascitelli di oggi hanno ricordato la barbara uccisione di Ramelli, perché La Russa non è mica scemo ma furbo come una volpe e sa benissimo che, a differenza dei sedicenti comunistelli di oggi, non si attacca mai la propria base elettorale, ben più ampia di quanto visto a Milano, evidentemente.
Ma il problema, e ha ragione Cacciari (una ragione piccina, per carità), non è il folclore di certe ignoranti manifestazioni di appartenenza, perché solo un ignorante potrebbe oggi reclamarsi fascista o ciecamente comunista (come Cacciari appunto): il problema, invece, sta proprio tutto nel non detto di La Russa, perché è lui a occupare la seconda carica dello Stato italiano e non altri.
Il problema, a onor del vero, sta pure che in ottant'anni la sinistrata sinistra italiana ha fatto della Resistenza italiana un fatto tutto comunista, che certo rappresentavano almeno la metà dei resistenti ma non tutti, perché anche tra i loro gruppi partigiani davvero pochi sapevano cosa fosse il socialismo, ma tutti avevano conosciuto sulla propria pelle gli effetti del fascismo e del Governo di quel Benito, l'inventore della grammatica del razzismo appunto, che La Russa porta stretto tra i suoi troppi nomi, ma del resto lui è siciliano e vive intriso di Barocco: a muovere al coraggio il popolo italiano ritrovato, non fu certo la dottrina di Karl Marx e il socialismo, dei quali non sapevano nulla, ma la voglia di tornare liberi di fare qualcosa dei loro pensieri di Libertà.
Purtroppo la Costruzione della Repubblica italiana, a differenza di quello che poeti e attori recitano in giro, è l'atto più fallace (perché frettoloso e quindi debole nella riforma, piuttosto debole con il regime che voleva sostituire e che ha finito per riciclare in ogni sede istituzionale nell'arco di cinque anni ma anche da subito mantengo i medesimi funzionari) che ci sia, come dimostra il comma secondo dell'art. 12 a proposito di Disposizioni transitorie e finali utili all'ordinamento del nuovo stato democratico.
MASSIMO RIDOLFI