«Perché mai l’attore dovrebbe limitarsi a fornire allo spettatore l’occasione di vivere un’“esperienza”, avendo la possibilità di fornirgli un’occasione di acquisire una “cognizione”?»
BERTOLD BRECHT (1898-1956)a
Il difetto di questo lavoro è metodologico.
L’uomo è l’interprete più entusiasmante ed entusiasmato della Natura – è certamente così perché è l’unica creatura in grado di reinterpretarla, cioè non si limita semplicemente a viverla e farne parte ma la persino riproduce, imita, financo imitando se stesso, l’uomo per l’appunto. Però, Monaco in questo suo fare sembra dimenticare che l’uomo è Natura. Cioè ne fa parte. È uno strumento della Natura non un ospite, al pari di una pianta, o di un uccello (anatomicamente molto inferiore a un uccello, a dire il vero, non essendo capace di volarlo il cielo se non con strumenti molto sofisticati e per niente naturali), o di un leone:“In cima alla strada, nella capanna, il vecchio si era riaddormentato. Dormiva ancora bocconi e il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava. Il vecchio sognava i leoni.” ci dice Hemingway chiudendo Il vecchio e il mare.
Il fotografo di Giulianova, a differenza del vecchio Santiago, pare non concedersi al sogno. Tutto nel suo fare deve stare in ordine, sino alla camera sterile, dentro Il gabinetto del dottor Caligari.
Monaco si pone al margine pulito della Natura e la osserva da lontano. La zooma. La ingrandisce. La ingrandisce fino a sgranarla nel grande formato per così ottenere un effetto materico, pittorico, impressionista, en plein air; ma Van Gogh (dico Van Gogh e non Monet perché il fotografo giuliese vorrebbe immergersi nel selvatico e non in un ordinato giardino borghese, che pur si muove) si inoltra nei suoi campi di grano, si sporca le scarpe, se ha le scarpe sennò direttamente i piedi si sporca; mentre il Nostro se ne tiene a distanza, ha paura di sporcarsene della Natura: aspetta che non ci sia neanche un refolo di vento prima di scattare, dice, come se la Natura morisse nell’opera d’arte, mentre nell’opera del genio olandese tutto pare muoversi: tutto è vivo come solo la Natura sa esserlo; e pure l’uomo sa esserlo vivo, finché non muore.
Estetizzante – la povertà invece affina l’ingegno.
Tutto questo fare uccide e riduce la Natura a fatto puramente estetico, cioè apparente, buona, addomesticata alla presunzione dell’uomo (crede l’uomo), devitalizzata, essiccata, che buona sta a riempire una parete bianca e decorarla – o chiusa in una cassa di legno, morta, ferma come la morte, come una cosa che più non disturba, impedendoci lo straniamento, cioè l’osservazione critica, vale a dire il confronto del proprio pensiero con quello che ci accade intorno, e circonda. E tutto ciò è movimento, come quello provocato da un refolo di vento.
MASSIMO RIDOLFI
Ph.: un ritratto paesaggistico di Pino Monaco da Terzo Paesaggio, L’ARCA, Teramo, dal 10/5 al 7/6.
Aperto dal martedì alla domenica
10-13 16-19
Chiuso il lunedi.
Ingresso gratuito