Ad Atri è bastata una sola scheda irregolare per annullare il voto. A Pescara, invece, con 27 sezioni contestate e gravi anomalie riconosciute dallo stesso Tar, il verdetto elettorale resta in piedi. Una decisione che sta sollevando più di un interrogativo tra osservatori e politici locali, e che accende i riflettori sulla disparità di trattamento in casi simili, se non più gravi.
È ufficiale: il Tar ha deciso che a Pescara si tornerà al voto, ma solo in 27 sezioni, pari al 16% del corpo elettorale. Si parla di oltre 16mila cittadini chiamati di nuovo alle urne. Un fatto che il deputato del Partito Democratico, Luciano D’Alfonso, definisce “una pagina triste per la città”, sottolineando come la sentenza arrivi oltre un anno dopo il ricorso, segno di “un dibattimento intenso” e di una vicenda tutt’altro che marginale.
Ma il punto più inquietante lo rileva proprio il documento del Tar, secondo cui in 21 delle 27 sezioni contestate, i giudici hanno annullato il voto e trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica, segnalando la possibile presenza di irregolarità gravi, potenzialmente penalmente rilevanti.
Eppure, a fronte di questo scenario, il voto complessivo a Pescara non viene annullato. Al contrario di quanto accaduto ad Atri, dove una singola scheda “ballerina” è bastata al Tar per azzerare l’intera consultazione elettorale. Da qui la domanda:
perché due pesi e due misure?
Cosa rende più "influente" una scheda ad Atri che 27 sezioni intere a Pescara?
È una questione matematica, giuridica o politica? Oppure si tratta di un'applicazione disomogenea del principio di rappresentanza e legittimità del voto?
La decisione lascia strascichi e polemiche, anche perché arriva a pochi mesi dalla nascita della Nuova Pescara, la fusione amministrativa con Montesilvano e Spoltore, che richiede stabilità, trasparenza e fiducia nelle istituzioni locali. In questo contesto, il dubbio che qualcosa non abbia funzionato nel processo democratico rischia di minare quella fiducia.
La palla ora passa alla Procura, chiamata a fare chiarezza sui fatti accertati dal Tar. Ma resta l’impressione che, tra Atri e Pescara, il diritto elettorale possa assumere contorni diversi a seconda della mappa geografica e del peso politico delle città coinvolte. E questa, per la democrazia, non è mai una buona notizia.
Elisabetta Di Carlo