L’epidemia di “lingua blu”, malattia virale che colpisce soprattutto gli ovini, si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta la regione, mettendo a rischio una delle filiere più identitarie dell’Abruzzo, che conta circa 200mila pecore. Dai primi casi registrati a febbraio in provincia di Teramo, si è passati a oltre 140 focolai distribuiti tra Teramano, Aquilano, Chietino e Pescarese, in un solo mese.
Secondo l'Istituto Zooprofilattico di Teramo, la prima positività risale a un bovino infetto a febbraio, ma la notizia era stata minimizzata come un caso isolato. Il virus è poi riesploso a giugno, con una rapida espansione, soprattutto tra i comuni montani del Teramano (Crognaleto, Cortino. Rocca Santa Maria, Campli, Valle Castellana), per poi estendersi in tutta la regione.
Il direttore sanitario Giacomo Migliorati aveva lanciato l’allarme già settimane fa, spiegando che senza misure incisive il virus avrebbe potuto diffondersi in tutto l’Abruzzo entro 50 giorni. La vaccinazione è indicata come l’unico strumento realmente efficace, ma le Asl si sono limitate a consigliarla, lasciando la decisione agli allevatori. Solo in casi confermati è previsto l’uso obbligatorio di insetticidi e repellenti.
Gli allevatori, allarmati, chiedono interventi urgenti. Coldiretti Abruzzo ha sollecitato un sostegno concreto per evitare danni irreparabili al comparto. Il rischio, denunciano, è il collasso del settore ovino regionale.