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6631214 15094443 carcere castrognoIl carcere di Castrogno torna al centro di una bufera giudiziaria. Tra i 34 indagati dell’inchiesta "End to End", condotta dalla Squadra Mobile di Pescara e coordinata dalla DDA, figura anche un agente della polizia penitenziaria, fino a poco tempo fa in servizio proprio all’interno della casa circondariale teramana.

Secondo l’impianto accusatorio, ricostruito attraverso intercettazioni, appostamenti e pedinamenti, l’agente sarebbe stato l’anello di congiunzione tra l’esterno e alcuni detenuti del carcere, in particolare Amir Benkharbouch, il giovane di origini marocchine ucciso a San Benedetto del Tronto nel marzo scorso.

IL CUORE DELL’INCHIESTA: LE MURA DI CASTROGNO

Il carcere di Castrogno, già noto per casi di sovraffollamento e gestione complessa della popolazione carceraria, emerge in questa vicenda come teatro di un sistema parallelo di comunicazione e traffico. Le indagini svelano un quadro in cui l’agente penitenziario avrebbe introdotto telefoni cellulari e – si sospetta – anche sostanze stupefacenti, consentendo ai detenuti di comunicare liberamente con l’esterno e gestire attività illecite dall’interno della struttura.

Nelle intercettazioni ambientali raccolte dagli investigatori, si fa riferimento a “tre panetti e 100 grammi di cocaina”, quasi un chilo di droga. L’agente si lamenta del compenso ricevuto – appena 500 euro, a fronte dei 3.000 richiesti – e sottolinea il rischio elevatissimo a cui andava incontro, proprio per via del suo ruolo e della divisa.

GLI EPISODI CHIAVE

Uno degli episodi più emblematici risale al mese di maggio: gli inquirenti seguono l’arrestato che cambia veicolo e si reca nei pressi del carcere, dove incontra l’agente. Le immagini documentano chiaramente lo scambio: lo zainetto vuoto con cui l’agente entra nell’auto e quello visibilmente pieno con cui ne esce. Pochi minuti dopo, al suo rientro a Castrogno, viene fermato dai colleghi: nello zaino ci sono tre smartphone con relativi accessori.

L’episodio confermerebbe il sospetto di un flusso costante e organizzato di oggetti non consentiti all’interno della struttura penitenziaria, con il coinvolgimento diretto del personale in servizio.

IL CASO BENKHARBOUCH

Il ruolo di Amir Benkharbouch, detenuto a Castrogno fino a poco prima della sua morte, è centrale nell’inchiesta. Grazie ai cellulari introdotti illegalmente, Amir avrebbe continuato a coordinare ordini e movimenti di droga, impartendo direttive a uno degli arrestati. Proprio questo collegamento diretto tra le celle di Castrogno e la rete esterna sarebbe stato facilitato dalla complicità dell’agente penitenziario ora sotto indagine.

LE CONSEGUENZE

La vicenda solleva nuovi interrogativi sulla sicurezza interna del carcere di Castrogno, già sotto osservazione per altre problematiche legate alla carenza di personale, alla gestione dei detenuti e al rischio di infiltrazioni criminali.

La Procura ipotizza nei confronti dell’agente reati gravi, tra cui associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e introduzione illecita di telefoni cellulari in carcere. Le indagini proseguono per accertare eventuali complicità e ramificazioni all’interno della struttura penitenziaria.