È probabilmente il più veloce caso di cittadinanza onoraria concessa e revocata, di tutta la storia delle cittadinanze onorarie, quella che il Comune di Teramo avrebbe voluto riservare ad Aung San Suu Kyi. Solo dieci giorni fa, infatti, nella capigruppo che ha stabilito le date dei prossimi Consigli Comunali, era comparso un “Consiglio straordinario del 6 ottobre” proprio per concedere la cittadinanza onoraria alla leader politica birmana. Su quali siano i rapporti tra la stessa Aung San Suu Kyi e Teramo, tali da giustificarne la cittadinanza onoraria, nulla s’era detto, limitandosi ad annunciare che alla cerimonia sarebbe intervenuto il figlio.
Tutto pronto? Sì, anzi: no.
Il Comune, infatti, ha fatto dietro front.
Nell'ultima riunione di maggioranza, si sarebbe deciso di annullare il Consiglio straordinario e di “avviare una più ampia riflessione” sulla figura della nostra potenziale concittadina onoraria.
Traduzione: ci hanno ripensato.
Evidentemente, dopo il momento euforico del poter accogliere, sia pur simbolicamente, il Premio Nobel per la Pace del 1991, in Comune qualcuno ha deciso di informarsi di più e meglio sulla figura di una donna che, negli anni ’90 era l’icona universale della resistenza non violenta, tanto da meritarsi il premio Nobel per la pace quale simbolo di coraggio contro la dittatura militare del Myanmar, punto di riferimento per chiunque credesse che la politica potesse ancora essere testimoniata dal sacrificio personale, ma che poi divenuta leader del governo civile birmano, ha difeso o giustificato le violazioni dei diritti umani contro la minoranza rohingya, minimizzando massacri e deportazioni che le Nazioni Unite hanno definito crimini contro l’umanità. Un silenzio, ma qualcuno l’ha definita complicità, ha macchiato in modo irreversibile la sua immagine, tanto che il Parlamento del Canada (non il Consiglio comunale di una cittadella di 50mila abitanti nel Quebec) ha deciso all’unanimità di revocarle la cittadinanza onoraria canadese. Il Comune di Teramo, invece, voleva dargliela il 6 ottobre.
Voleva.
Adesso, sembra, non vuole più.
Ai capigruppo, però, nessuno ancora dice nulla e ufficialmente il Consiglio straordinario del 6 ottobre c’è ancora.
Qualcuno, intanto, avverta il Myanmar
ad'a