Nove alpinisti, tra cui cinque italiani, sono morti in due distinti incidenti sull’Himalaya, ma nelle ultime ore crescono le polemiche per i ritardi nei soccorsi dopo la tragedia avvenuta sul monte Yalung Ri, nel distretto di Dolakha, nel Nepal centrale. Secondo quanto riferito dai sopravvissuti e dalle autorità locali, la valanga si è staccata intorno alle 9 del mattino di lunedì 3 novembre, travolgendo due spedizioni impegnate nella salita a quota 6.920 metri. L’allarme è scattato subito, ma i soccorsi aerei sono stati autorizzati solo dopo oltre otto ore a causa delle complesse procedure di approvazione dei voli nelle aree a “restrizione speciale”.
“Abbiamo aspettato più di 24 ore per essere evacuati, molti dei nostri compagni piangevano chiedendo aiuto”, ha raccontato dalla sua stanza d’ospedale Nima Gyalzen Sherpa, uno dei sopravvissuti.
Secondo la ricostruzione fornita da Pasang Kidar Sherpa (foto), vicepresidente del Rolwaling Everest Summiteers Club, il ritardo è stato determinante:
“L’avalanche è avvenuta al mattino, ma l’approvazione per i voli di soccorso è arrivata solo nel tardo pomeriggio. Quando gli elicotteri sono riusciti a decollare, il peggioramento del tempo ha reso impossibile proseguire le operazioni.”
Nella zona del Rolwaling Valley, infatti, ogni intervento aereo richiede l’autorizzazione dei Ministeri del Turismo, dell’Interno e della Difesa, oltre che dell’Autorità per l’Aviazione Civile del Nepal, una catena burocratica che rallenta inevitabilmente le risposte in caso di emergenza.
Le condizioni meteo proibitive – visibilità ridotta, forti nevicate e venti – hanno poi complicato ulteriormente le operazioni di recupero. Solo in serata le squadre di terra hanno potuto raggiungere il campo base, trovando sette corpi senza vita, tra cui quelli degli italiani Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler.
Cinque alpinisti, tra cui tre nepalesi e due francesi, sono stati tratti in salvo e trasportati a Kathmandu nella mattinata successiva.
Dopo la tragedia, la Nepal Mountaineering Association ha annunciato la volontà di rivedere le procedure di emergenza, chiedendo un sistema di autorizzazioni “più rapido e flessibile” per i voli di soccorso nelle zone a restrizione.
“Durante le emergenze in montagna – ha affermato il presidente Phur Gyalje Sherpa – la rapidità è fondamentale. La burocrazia non può costare vite umane.”
Intanto, mentre le ricerche proseguono e i corpi vengono riportati a valle, cresce la rabbia delle comunità alpinistiche e delle famiglie delle vittime per un ritardo che, secondo molti, avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte.

