Cinque uomini, cinque storie diverse unite da una stessa passione: la montagna. Alessandro, Stefano, Paolo, Marco e Markus avevano inseguito per tutta la vita le cime più alte, quelle che sembrano sfidare il cielo. Ma sulle vette del Nepal, dove il vento soffia più forte e la neve cancella ogni traccia, la loro passione si è trasformata in una trappola mortale. Erano partiti per cercare un sogno, per toccare con mano il limite, come fanno tutti coloro che amano la montagna non solo per scalare, ma per capire se stessi. Ora, l’Italia li piange come eroi silenziosi, caduti nel cuore dell’Himalaya. Sul picco Panbari, a quasi 7.000 metri, hanno perso la vita. Con loro c’era Valter Perlino, alpinista di Pinerolo, l’unico sopravvissuto. È rimasto al campo base per un problema a un piede, un contrattempo che gli ha salvato la vita. “Ha raccontato – dice la moglie, Gloriana Salvai – che le tende non c’erano più, che il campo era sepolto dalla neve. Poi l’amara notizia: i corpi trovati senza vita, coperti dal gelo. Nemmeno lui ha saputo spiegare perché la tempesta sia arrivata così presto”. Mentre la tragedia del Panbari scuoteva l’Italia, un’altra spedizione veniva travolta dalla furia dell’Himalaya. Paolo Cocco era conosciuto nel suo paese, Fara San Martino, come un ragazzo pieno di vita e di curiosità. Aveva fatto del suo amore per l’immagine e la montagna una filosofia di vita. “Per me era un fratello piccolo,” ha raccontato commosso il sindaco, Antonio Tavani. “Da qualche anno lavorava in Austria come grafico, ma tornava spesso. Mi ha seguito in tutto quello che ho fatto, anche in amministrazione. Era sempre pronto a raccogliere nuove sfide. Questa volta voleva essere tra i primi italiani a salire su quella vetta. Erano a 50 metri dal traguardo.” Per Marco Di Marcello, la speranza è durata più a lungo. Fino all’ultimo, la famiglia ha seguito con il fiato sospeso il segnale GPS che sembrava muoversi, come se lui stesse ancora cercando di scendere, di salvarsi. “Due giorni fa la traccia era in discesa, ieri in salita,” raccontava il fratello Gianni. “Segno che Marco si muove, che è vivo.” Poi la conferma del ritrovamento, arrivata in serata, dal presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio. Cinque destini spezzati, uniti dalla stessa passione. La montagna, ancora una volta, si è presa i suoi figli più fedeli. Non li ha traditi, forse, ma messi alla prova fino all’estremo. E loro, fino all’ultimo respiro, hanno creduto che valesse la pena tentare.

