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C’è una freschezza antica, un soffio di memoria che torna a vibrare nelle note di “Zurle”, il nuovo canto popolare abruzzese firmato da Enrico Melozzi. Un brano che sembra appena nato e insieme antico di cent’anni, come se avesse viaggiato sotterraneo nella tradizione, aspettando il momento giusto per riaffiorare. La musica, composta e interpretata dallo stesso Melozzi, recupera il passo vivace e giocoso delle filastrocche di una volta, quelle che accompagnavano i giochi dei bambini nei cortili, nelle aie, lungo i vicoli assolati dei borghi. È un inno alle risate leggere, alle burle, alle barche di carta sospinte verso mari immaginari, a quell’infanzia contadina che non aveva bisogno di nulla se non di fantasia e compagnia. Le parole, scritte da Elso Simone Serpentini e Serafini Blasiotti, ricamano un lessico semplice e sonoro, dove il dialetto affiora come un profumo e non come una barriera. Un lavoro di equilibrio e cura, capace di evocare immagini nitide e universali pur restando radicato nella terra d’Abruzzo. A completare l’opera arriva il videoclip firmato da Stefano De Angelis, che trasforma la canzone in un piccolo viaggio nel tempo: quadri rurali ottocenteschi riprendono vita, tra gesti antichi e atmosfere sospese, come se i protagonisti di un dipinto tornassero a muoversi, respirare, giocare. È un sogno che ricomincia, una finestra aperta su un passato che non vuole essere museale, ma vivo e pulsante. “Zurle” non è soltanto un brano: è un nuovo pezzo di tradizione, una filigrana antica che si intreccia con il presente. Una dimostrazione di come il canto popolare possa ancora reinventarsi senza perdere la sua forza originaria: quella di unire le persone attraverso storie semplici, autentiche, condivise.