Questa città patisce un enorme freno allo sviluppo, dovuto alle resistenze che a vario titolo osteggiano le scelte per la crescita territoriale: per questo motivo vorrei esprimere la posizione del mio gruppo consiliare in merito al progetto del Biodigestore, meritoriamente pensato all’interno della società pubblica Teramo Ambiente S.p.A. e altrettanto meritoriamente portato avanti dal Comune di Teramo.
Ciascuna progettualità offre opportunità e pone dinanzi a dei rischi: l’amministratore lungimirante soppesa entrambi e valuta la convenienza ai fini dell’interesse pubblico.
Come è noto, ma sembra non essere oggetto di interesse politico locale, il biodigestore (o digestore anaerobico) è un impianto che utilizza un processo naturale per trasformare la biomassa e i rifiuti organici in risorse energetiche rinnovabili e fertilizzanti. La sua utilità è enorme sia sotto il profilo ambientale e sia sotto il profilo economico.
La digestione anaerobica avviene inserendo all’interno di un serbatoio sigillato e impermeabile materiali organici (la cosiddetta biomassa), quali tipicamente gli scarti alimentari domestici (cioè l’umido), il letame, i liquami zootecnici, e i sottoprodotti agroindustriali. Il processo genera due prodotti principali: il cosiddetto Biogas (soprattutto metano e anidride carbonica) e il Digestato (un residuo solido e liquido, simile a un fango, ricco di nutrienti quali azoto, fosforo e potassio).
È evidente come il biodigestore trasformi un problema (la gestione dei rifiuti organici) in una risorsa duplice: sia energetica e sia ambientale.
I vantaggi energetici risiedono innanzitutto nell’ottenere una fonte di energia rinnovabile (biogas e biometano) che alimenta la rete nazionale del gas e viene utilizzata come carburante per veicoli a metano, contribuendo alla decarbonizzazione dei trasporti.
I vantaggi ambientali sono di triplice tipologia: la significativa riduzione dei rifiuti organici conferiti in discarica, la riduzione delle emissioni di gas serra (in quanto, se la materia organica si decompone in discarica, rilascia metano direttamente nell’atmosfera, mentre il biodigestore cattura il metano e lo brucia per produrre energia) e infine l’economia circolare che consente di restituire al terreno il digestato (cioè un fertilizzante naturale che sostituisce i concimi chimici di sintesi).
Il biodigestore rappresenta quindi un elemento chiave per l’economia circolare e per la transizione energetica, grazie alla gestione dei rifiuti in modo sostenibile, con una produzione di energia pulita.
Soppesiamo anche i rischi. Il progetto definitivo dell’opera cuba 43 milioni di euro, dei quali 28 derivano dal PNRR e 15 milioni verrebbero reperiti con un mutuo da contrarre con la Cassa Depositi e Prestiti.
Chiaramente la resa industriale a regime è fonte di guadagni considerevoli: si è calcolato che l’impianto dovrebbe generare incassi per 3,75 milioni di euro l’anno, dei quali 2,75 milioni derivanti dal conferimento dell’organico e un milione dalla vendita del biometano. I costi di funzionamento ammonterebbero a circa 2,25 milioni l’anno, con un utile lordo di un milione e mezzo che sarebbe ampiamente sufficiente a coprire le rate del mutuo, oltre alla creazione di parecchi posti di lavoro nella gestione dell’impianto medesimo.
A ciò si aggiunga l’enorme beneficio ambientale dovuto sia allo smantellamento dell’ex inceneritore che deturpa il paesaggio da decenni e sia alla bonifica del sito di realizzazione dell’impianto che è ovviamente molto inquinato.
La reale criticità è rappresentata dai tempi di smantellamento, di bonifica del sito e di costruzione del biodigestore, tempi piuttosto lunghi che sono incompatibili con la scadenza improrogabile e inderogabile nel 2026 del PNRR. Cosa succederebbe se i 28 milioni venissero revocati per scadenza dei termini PNRR? Probabilmente non accadrebbe nulla di grave.
A livello europeo, parlamentare nazionale e governativo, sono in corso trattative per rendere spendibili le risorse oltre i termini di scadenza: in particolare sono stati individuati ben 4 veicoli finanziari che consentono di mettere a terra le risorse PNRR oltre il 2026. I 28 milioni teramani chiaramente rappresentano un problema infinitesimo rispetto alle decine di miliardi per le quali pure già è nota l’impossibilità di terminare la messa a terra delle migliaia di progetti in itinere, parimenti finanziate dal Piano di Ripresa e Resilienza. Ed è altrettanto evidente che lo Stato italiano, dopo aver ottenuto la totalità delle rate di finanziamento dall’Europa, debba ottenere la possibilità di concludere i progetti in corso.
Per tutte le predette argomentazioni, reputo necessario e urgente – in nome dello sviluppo della città capoluogo – che il progetto di realizzazione del Biodigestore venga approvato, sostenuto e messo in appalto con tutti i crismi della massima celerità consentita e della massima graduazione nell’ordine delle priorità politiche cittadine.
La paura non ha mai prodotto salti in avanti per la comunità, mentre il coraggio è l’unica via di crescita. Una opposizione degna di questo nome deve saper distinguere il grano dal loglio e supportare formalmente e sostanzialmente le progettualità che salvaguardino l’interesse pubblico.
Teramo, 10 dicembre 2025 Il Consigliere Comunale
Maria Cristina MARRONI

