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Parolisi Il sostituto procuratore generale della Cassazione ha appena chiesto ai giudici della Prima sezione penale della Suprema corte di confermare la condanna a 30 anni di reclusione per omicidio e vilipendio di cadavere a carico di Salvatore Parolisi accusato dell'omicidio della moglie Melania Rea. Il verdetto è atteso in serata. La vittima è stata uccisa il 18 aprile del 2011 in un bosco nella provincia di Teramo. La Corte d'assise d'appello dell'Aquila aveva inflitto 30 anni riducendo così l'ergastolo del primo grado.   Difesa Parolisi, i media hanno creato mostro "Nei confronti di Salvatore Parolisi c'è stato un eccesso accusatorio dovuto anche alle descrizioni che ne hanno fatto i media definendolo un marito infedele e bugiardo, uno scansafatiche al lavoro, sulla testa del quale sono fioccate molte circostanze aggravanti senza un vero elemento di accusa". Lo ha sottolineato nella sua arringa l'avvocato Titta Madia che ha difeso in Cassazione l'ex caporalmaggiore dell'esercito Salvatore Parolisi insieme all'avvocato Walter Biscotti. I legali hanno insistito sulla necessità di riascoltare il teste Rivelli, gestore del chiosco non lontano dal quale è stato trovato il cadavere di Melania Rea. Secondo i difensori di Parolisi, il teste avrebbe ritrattato la deposizione iniziale nella quale diceva di aver visto Melania allontanarsi da sola, sotto le pressioni della polizia giudiziaria. Madia e Biscotti inoltre hanno contestato, come è già avvenuto anche nei precedenti gradi del processo, i risultati delle perizie condotte sulla salma della vittima e hanno puntato il dito sulla circostanza che è rimasta anonima la persona che ha detto alla polizia dove si trovava il cadavere. La linea difensiva ritiene che il delitto non sia stato opera di Parolisi e che bisogna seguire altre piste.