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pensionisoldiL’Abruzzo rischia un drastico ridimensionamento demografico ed economico nei prossimi dieci anni. Secondo le stime della Cgia di Mestre, la regione perderà oltre 81.000 persone in età lavorativa tra il 2025 e il 2035. Un calo del 10,3% che avrà ripercussioni profonde sul sistema produttivo, già oggi in sofferenza.

A evidenziarlo è uno studio dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Istat: la popolazione abruzzese compresa tra i 15 e i 64 anni passerà da 791.801 individui nel 2025 a 710.415 nel 2035. Un trend che conferma i segnali già visibili: meno nascite, giovani che lasciano la regione, e una popolazione sempre più anziana.

Le conseguenze si faranno sentire soprattutto tra le micro e piccole imprese, che già oggi faticano a trovare manodopera, in particolare giovani. Il rischio è un progressivo svuotamento della forza lavoro nei settori tradizionali – artigianato, agricoltura, commercio – dove la competizione con le grandi aziende rende difficile attrarre e trattenere i pochi giovani rimasti.

I rischi per il futuro:
Senza politiche strutturali, l’Abruzzo potrebbe diventare una regione “anziana” anche sul piano produttivo, con inevitabili ricadute sul Pil. L’invecchiamento inciderà anche sulla spesa pubblica, aumentando i costi per sanità, previdenza e assistenza, mentre diminuiranno le risorse per investimenti e servizi.

Anche i consumi, la mobilità e il turismo potrebbero subire un rallentamento, a fronte di una domanda interna stagnante. Unico settore che potrebbe trarre vantaggio da una popolazione più anziana è quello bancario, grazie alla maggiore propensione al risparmio degli over 65.

L’Abruzzo si trova di fronte a una sfida cruciale. In gioco non c’è solo la tenuta del mercato del lavoro, ma il futuro stesso della coesione sociale ed economica della regione. Intervenire ora è essenziale per evitare che il declino demografico si trasformi in una crisi strutturale.