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L’AQUILA - “Si dice da più parti che abbiamo i salari più bassi d'Europa e che il precariato, in termini di ricorso ai contratti a tempo determinato e con un basso numero di ore, sia aumentato. Ed è la verità. Ma come si fa a far crescere i salari? Si può fare la flat tax, cioè far pagare meno tasse a chi è più ricco, e nello stesso tempo aumentare il netto in busta paga evitando pure, per far quadrare i conti, di operare tagli in sanità, trasporti e istruzione? È fattibile? No, non è tutto fattibile. Con le risorse, quelle che ci sono, vanno fatte le scelte giuste. Le cavolate le raccontino al bar, non in campagna elettorale”.

Ad affermarlo Rita Innocenzi, candidata indipendente del Pd al collegio Uninominale della Camera L’Aquila-Teramo per la coalizione “Italia Democratica e Progressista” alle elezioni politiche del 25 settembre, nello stesso collegio dove corre Giorgia Meloni, presidente nazionale di Fratelli d’Italia.

Innocenzi, aquilana di 52 anni, dal 1994 nel sindacato Cgil si batte a difesa delle lavoratrici e dei lavoratori, per la sicurezza nei cantieri e nelle fabbriche, per l’aumento dei salari e l'estensione dei diritti, alla luce delle sue competenze ed esperienze sul campo, boccia le ricette “propagandistiche e contraddittorie del centrodestra e di Meloni, che da una parte in campagna elettorale promettono aumenti degli stipendi e la difesa del welfare, dall’altra hanno come cavallo di battaglia la misura della cosiddetta tassa piatta (flat tax) del 15% o anche del 23% da estendere ai redditi superiori ai 65mila euro, con costi, secondo le stime, tra i 30 e i 50 miliardi di euro l'anno, di mancate entrate fiscali”.

“Avete presente quella fase in cui i bambini iniziano ad interrogare gli adulti su ogni cosa pretendendo spiegazioni? Ecco, ora ci vorrebbe la fase del 'perché'. Questo Paese non merita superficialità. Sono talmente marcate le disuguaglianze ed è talmente incerto il futuro - non dei prossimi anni ma quello delle prossime settimane - che affidarsi agli imbonitori che sparano cavolate credo sia la cosa peggiore - incalza Innocenzi - occorrono risposte concrete ai bassi salari e alle condizioni di chi è in tipologie diverse dal lavoro dipendente, e stiamo parlando di un popolo che lavora ma che della precarietà e, nella migliore delle ipotesi, dell'andamento altalenante ne ha fatto una condizione di vita”.

“Dare risposte vuol dire, sì, tagliare le tasse sul lavoro - entra ancor di più nel merito Innocenzi -, obiettivo su cui siamo tutti d'accordo, ma contemporaneamente non vanno intaccati i servizi che anzi vanno implementati ed estesi. Perché una cosa è certa: se mi dai più soldi a fine mese, ma per farlo operi tagli in sanità, trasporti, istruzione e mi impedisci di accedere alla rete digitale, allora con una mano dai e con l'altra prendi, e di fatto mi stai danneggiando. Affermare che 'c'è bisogno delle politiche attive del lavoro', vuol dire non nascondersi dietro ad una dicitura generica, ma investire nelle competenze e nella creazione di sistemi che possano generare investimenti sostenibili, con conseguenti occasioni di lavoro e ricollocazione di coloro che sono stati espulsi dai settori produttivi. Ciò è quanto, ad esempio, si aspettano i lavoratori e le lavoratrici dell'area di crisi complessa di Teramo".