Un pareggio assoluto, da manuale della democrazia: 83 voti per Maurizio Conte, 83 per Donato Buccini. Due schede nulle, una sola preferenza andata a una delle 23 liste rimaste fuori dalla sfida vera. Così, nel piccolo borgo montano di Bisegna, nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, sarà necessario tornare alle urne l’8 e 9 giugno per decidere chi sarà il prossimo sindaco.
Fin qui, sarebbe una curiosità statistica da manuale Cencelli. Ma a rendere il caso di Bisegna qualcosa di unico nel panorama elettorale italiano è il contesto in cui è maturato questo risultato: 25 liste per 216 abitanti. Un record che ha proiettato il paesino abruzzese sulle cronache nazionali già nelle scorse settimane.
Solo quattro liste erano realmente collegate a partiti o movimenti locali, di cui appena due riferibili a candidati residenti. Le altre 21? Composte in gran parte da agenti di polizia penitenziaria provenienti da tutt’Italia, che hanno approfittato di una possibilità prevista dalla legge: candidarsi per ottenere l’aspettativa retribuita, anche se non si ottiene nemmeno un voto.
E infatti così è andata: 22 liste su 25 non hanno ricevuto nemmeno una preferenza. Un’anomalia che ha fatto gridare allo scandalo alcuni esponenti politici, come l’ex deputato abruzzese Gianni Melilla, che ha denunciato pubblicamente l’abuso del meccanismo:
«È un comportamento scorretto permesso da una legislazione che non ha alcuna giustificazione. Da parlamentare provai a cambiarla, ma non ci fu mai la volontà politica per farlo», ha detto Melilla, parlando apertamente di “complicità politica con una norma assurda”.
Nel frattempo, a Bisegna si torna a parlare di cose serie: chi guiderà davvero il Comune nei prossimi cinque anni? Lo decideranno gli 83 elettori di Conte e gli 83 di Buccini. Più uno.