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cucchi1 1In una piccola città di Provincia Venerdi 26 ottobre alle 20,30, alle 21 e alle 21,30, tre sale dell’unico cinema saranno (già sono) sold out per la visione del Film “Sulla mia pelle”, anche per la presenza di Ilaria Cucchi e Fabio Anselmo. .

L’ho visto a Venezia. Alle 11 del mattino. Quando al termine ho sentito l’applauso e ho visto le lacrime dei più ho capito che il processo per l’accertamento della verità su Stefano Cucchi, ucciso da un criminale, traditore dello Stato che diceva di servire – lo stesso traditore criminale in divisa che ha ucciso Paolo Borsellino - era ad una svolta. Ma è stato soprattutto quando, il giorno dopo, ho cominciato a leggere le polemiche sul film, e le critiche a Ilaria, che ho capito che il film aveva fatto centro. Il film è riuscito nel contempo a resuscitare la sinistra asfittica e la destra fascista più becera. Un autentico successo. Correte a vederlo, non importa come –queste sono diatribe da poveracci del web che lasciano il tempo che trovano– che sia su piattaforma o al cinema l’importante è che lo vediate, è assolutamente necessario che tutti voi lo vediate. È un dovere civico a cui siete chiamati. Per continuare a sentire questa ingiustizia, questa infamia sulla nostra pelle. Ogni giorno, ogni volta che avremo la tentazione di voltare lo sguardo dall'altra parte. Perché Stefano certo ha cominciato a morire, ed è morto, per le botte di quei criminali che indegnamente portavano la divisa da carabiniere. Ma il colpo di grazia l'ha ricevuto dall'indifferenza complice di tutti coloro, con camici e divise e toghe, che non lo hanno aiutato e difeso. Solo facendo valere i suoi diritti. Umani. Sarebbe bastato essere umani.

Sulla mia pelle è un film duro. Alla fine della visione ci si piega in due dal dolore e dalla rabbia e non ci si vorrebbe alzare per un po’ di tempo. È una pellicola che prende allo stomaco, nella quale si partecipa attivamente alla sofferenza mostrata. Viene quasi voglia di trasmigrare e avvolgere il mondo con la propria aura, per poterlo proteggere dalle iniquità di esseri umani, che di umano hanno solo il corpo. Sulla mia pelle inizia mostrandoci da subito la morte di Stefano Cucchi, il suo corpo esanime, insensibile ai richiami dell’infermiere, ormai avvolto da un buio eterno, quel buio onnipresente in ogni scena, claustrofobico, che ci porta quasi a percepire lo scatto di una trappola. Sappiamo bene fin dall’inizio l’epilogo della vicenda, eppure vedere nei primi secondi il corpo morto del ragazzo romano ci fa capire fin da subito che siamo entrati volontariamente a vedere come è fatta una tenaglia, un cappio alla gola. Il buio è accompagnato da un silenzio da fiato spezzato, si parla poco e spesso quando lo si fa è solo per urlare, per chiedere aiuto o per dare un comando. Un silenzio da messa, recitata in una chiesa che ospita la salma dell’ennesimo povero diavolo.

La solennità donata dal buio e dal silenzio è valorizzata dalla recitazione appassionata e verace di tutti gli attori, dal protagonista fino a tutti i comprimari. Alessandro Borghi da assoluto trasformista ci dona uno Stefano Cucchi credibile, riuscendo a farlo rivivere con una accuratezza fisica e caratteriale tale da far percepire quasi un’ aura mistica. Come se attraverso il film, la vita di Stefano Cucchi riacquistasse quella dignità dovutagli ma tolta fin troppo presto da un circo mediatico che solo la lotta dei familiari è riuscito ad interrompere. Stefano Cucchi urla insieme ad Alessandro Borghi. E noi insieme a loro.

Sulla mia pelle è risultato un film necessario, dovuto. Eppure, pur non potendo del tutto voltare le spalle alla sua vocazione sociale, di denuncia e d’informazione, riesce a concentrarsi sull’uomo più che sulla vicenda. Seguiamo di pari passo il declino fisico di Stefano, pur non vedendo, grazie ad una delicatezza registica, le percosse a lui inflitte dai carabinieri criminali e deviati, che oltre ad offendere l’intera razza umana con la loro condotta offendono anche i loro numerosi onesti colleghi, inficiando, così, tutto, lasciandoci col dubbio che il bene non ha casa neppure nei luoghi in cui ce ne si riempie la bocca.

Il rifiuto di Stefano Cucchi nel voler raccontare le reali cause delle sue ferite, aspetto valorizzato insistentemente dal film, ci fa precipitare in un senso di impotenza perenne, lo spettatore si sente fragile insieme a quel ragazzo con due vertebre rotte, e pian piano che ci si avvicina al noto finale. Sentiamo quella tenaglia, quel cappio, stringersi attorno la sua e la nostra gola. Sulla mia pelle è un film fisico, che difficilmente riuscirete a scrollarvi di dosso. Andate a vedere Sulla mia pelle e poi state in silenzio, riflettete, ne uscirete come persone e cinefili migliorati, e, si spera, più saggi.

Leo Nodari