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legaabruzzoAnche in Abruzzo la Lega, con un iperbolico 35%, ha stravinto le elezioni europee in Italia. Ma ha vinto anche in molti Comuni. A cominciare da Pescara. E’ più corretto dire che ha vinto il “capitano” Salvini, riconosciuto oggi dalla gente come unico leader. Può piacere o non piacere ma 51mila teramani hanno votato Lega (38%); a l’Aquila 35,6%; a Chieti 34,4%; a Pescara 33,5%: dati impressionanti. Danti incontrovertibili che segnano una crescita notevolissima rispetto alle elezioni politiche del 2018. L’altra grossa notizia è il risultato molto deludente del Movimento 5 Stelle. Ma questo è solo l’inizio di un declino già segnato che abbiamo già previsto e di cui abbiamo già parlato sul quale non perdiamo altro tempo.
Davanti a questi dati, invece di impallidire, quelli con la puzza sotto il naso sulle loro pagine social si meravigliano. Parlano e straparlano di “contesto”, “paure”, “momento storico”, di “insicurezza culturale”.
Mentre la “Sinistra” quelli “se me lo dicevi prima” - che ha avuto l’ 1,7% - si dichiara soddisfatta perché ieri no, e neppure oggi, ma domani il popolo trionferà, ai più sfugge che l’attuale ondata populista in una Regione come l’Abruzzo rappresenta solo la punta dell’iceberg di un risentimento diffuso presso la ex classe lavoratrice, spaventata per il futuro incerto, privata di ruolo e marginalizzata. Secondo gli intellettuali della minchia, quelli “se me lo dicevi prima” , i migliori complici di Salvini, questo successo è figlio di un populismo che si nutre di un’ idea d’Europa avviata verso un “declino” inevitabile, verso il tramonto del continente. Quei sinistrorsi elitari, “se me lo dicevi prima”, che Jannacci schifava già prima di me, quelli che il mattino sfogliano i giornali sorseggiando un the al garofano, con semi di lino, pepe rosso e gocce di karkadè, poi si tirano nà striscia in bagno, dimenticano che l’Europa rimane il continente più ricco del pianeta. E tra questi Paesi ai primi posti l’Italia.
Questi signori della sinistra da salotto, che cena con il sushi e beve bollicine, in questi anni, anno dopo anno, si sono dimenticati della globalizzazione incontrollata, anno dopo anno, ha distrutto i posti dei lavoratori occidentali. Impegnata a spartirsi le poltrone quella che chiamano sinistra non ha visto che i lavori delle classi popolari sono stati sfruttati, scomparsi o diventati precari. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro si è polarizzato e ora è diviso tra lavori altamente qualificati e ben retribuiti e lavori precari, i “bullshit job” che imprigionano le classi popolari in una forma di instabilità permanente. Mentre azzannavano tutto ciò che c’era da azzannare i filosofi in giacca e cravatta non hanno notato il lento processo di abbandono della classe media, iniziato con gli operai, quindi i contadini e oggi con gli impiegati e gli autonomi che sono anch’essi sempre più precari. A questi fini intellettuali con la cravatta, che ogni tanto cantano “Bella ciao” mentre sono in fila negli chalet di moda con la sciarpetta rosa, è sfuggito il ritorno di un conflitto sociale tra le classi lavoratrici. A questi falsi indignati, “se me lo dicevi prima”, è sfuggito che la gente è incazzata nera. Ed è incazzata perché sono dei traditori. Perché tutte le categorie sociali sono più vulnerabili e rese fragili dall’attuale modello economico: operai come impiegati, rurali e urbani, giovani e pensionati. Perché questi elitari, sempre con il culo caldo, hanno rubato i valori del proletariato per fare carriera; perché hanno sporcato l’immagine di Berlinguer con i loro traffici immondi; perché il pugno chiuso lo hanno aperto nel momento giusto e gli è servito per afferrare di più; perché Belpietro ha sostituito Gramsci; perché la povertà aumenta; perché molti pensionati hanno fame; perché molti bambini frequentano asili lager; perché molte donne hanno paura, perché nessuno ha voluto vedere il grande e vergognoso sfruttamento dell’immigrazione, gli imbrogli colossali dei “buoni”, i miliardi spariti inutilmente senza lasciare traccia ne lavoro; le tante mafie che impongono piazze di spaccio anche in piccoli centri; lo spaccio di droga fuori controllo anche nei piccoli comuni. La gente è incazzata contro questi intoccabili che erigono per loro confini invisibili, perché chi doveva difendere il popolo ha pensato solo ai cazzi propri, perché i loro quartieri centrali, ben serviti e custoditi sono diventate le nuove cittadelle medievali del XXI secolo. Perché ovunque si assiste a un “ritiro” dei servizi pubblici, perché hanno tagliato la sanità ma non i loro stipendi vergognosi, perché in molte zone la divisione sociale cela anche una separazione etnica tra italiani di serie “A”, serie “B”, serie “C”.
Ai figli dell’ipocrisia della “borghesia cool” è sfuggito che gli stessi strati periferici che in America che hanno eletto Trump, nel Regno Unito hanno deciso a favore della Brexit, sono gli stessi che nel Nord-Pas de Calais, ex roccaforte della sinistra, città di operai e di popolazioni rurali ora votano al 60% per il Rassemblement National di Marine Le Pen. E sono gli stessi che in Abruzzo hanno votato Lega.
Presi dalla scelta delle vacanze e le liti in famiglia tra grande fratello e Maria Di Filippo, gli è sfuggito che l’unico che ha aperto gli occhi davanti alla società in questi ultimi due anni è stato Salvini. Che oggi si porta a casa i frutti. Un ignorante ? Certo . Camaleontico ? Certo. Ma da Trump - altro monopolizzatore di media - ha imparato la fight of the week (battaglia settimanale). Una strategia che consiste nell’inventarsi sempre una nuova guerra: la chiusura dei porti attaccando l’Europa, la guerra con Emmanuel Macron, con Mattarella, con Boeri, con Francesco, ecc.  Questo serve per trovare un nemico comune, estraneo al proprio mondo, verso cui direzionare la rabbia che si tiene accesa nella popolazione. Con i suoi enormi limiti culturali certo, ma soprattutto con le sue intuizioni: usare gli influencer e i follower; un ministro degli interni ma anti sistema; parlando agli elettori come se fossero bambini consapevole dell’analfabetismo funzionale italiano che raggiunge uno dei tassi più alti in Europa, altro che quell’antipatisco, spocchioso di D’Alema che non si capiva niente. La felpa giusta nel momento giusto, la camicia bianca nel summit con i capi di governo, il panino con la porchetta, la maglietta del Giulianova la mattina, poi la tshirt Forza Teramo la sera, il razzismo e il crocefisso, la chiusura dei porti e Padre Pio, la risata, il sensazionalismo,  la rabbia, le battute e lo stupore. Grazie al suo atteggiamento ostentato di chi va avanti con il sorriso a testa alta, con una energia che fa da contrasto con i politici con la prostata e il cazzo moscio ai quali eravamo abituati.
La Lega ha vinto in Abruzzo perché gli abruzzesi sono come i gilets jaunes, come i sostenitori della Brexit, come gli strati popolari della Polonia, Slovacchia, Ungheria che temono le nuove povertà, che hanno paura di chi chiede aiuto, perché ad averne bisogno sono loro. E non possono essere criticati per questo.
Certa sinistra invece è ferma a “se me lo dicevi”
Leo Nodari

leonodari