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14 anni. Voleva solo fuggire dalla fame e dalla povertà. Poverino! Poveretto! Che dolore! Mi viene da piangere più di 10 secondi. Cercava la libertà ed è morto, poveretto. Fuggiva dalla fame ed è morto. Poverino. Ora soffro per 12 secondi. Poi mi passa e penso “Se fosse restato a casa sua non sarebbe morto di freddo sotto l’ala di un aereo. Negri statevi a casa vostra” Quanta volgare falsità ci avvolge come una coperta stretta, logora, puzzolente. Senza più briciole di vergogna. Aveva 14 anni e si chiamava Ani GuibahiBarthélémy il ragazzino trovato morto nel canale del carrello di atterraggio di un aereo Air France arrivato a Parigi. L'identità è stata confermata dai genitori.  Nato a Yopougonaveva cercato disperatamente di raggiungere l’Europa infilandosi in quel carrello del volo di linea Air France partito da Abidjan. Il 14enne "è morto per asfissia o per congelamento". Le temperature scendono a -50 gradi tra i 9 e i 10mila, l'altitudine alla quale volano gli aerei di linea. Gli alloggiamenti del carrello di atterraggio non sono né riscaldati né pressurizzati.  O poverino! O poveretto! O che dolore! Basta che sia morto. Perché viceversa gli avremmo detto “Pezzo di merda torna a casa”, “Che vuoi negro vattene”, “Pussa via, vai a morire a casa tua”. Natale è passato, non dobbiamo più essere buoni per forza, quindi non ce ne frega niente se, - secondo il report 2019 di Oxfam(federazione mondiale enti no profit) – malattie, sete, fame, alluvioni e siccità devastano aree sempre più vaste del continente africano: solo nel 2019 3,6 milioni di “profughi climatici” si sono aggiunti alle 9,6 milioni di persone in fuga da conflitti Da molto tempo non ha più senso distinguere i "migranti economici" dai rifugiati richiedenti asilo, bisognerà presto prendere confidenza con un altro "ramo" del fenomeno migratorio: quello climatico. Masse umane che, per effetto degli sconvolgimenti atmosferici in atto, andranno ad ingrossare il "fiume umano" dei circa 70 milioni di persone in fuga da guerre, fame, violenze o, appunto, disastri naturali. Secondo questo report per l’onu,oltre 52 milioni di persone, in 18 paesi sparsi tra Africa centrale, orientale e meridionale, rischiano di morire fame a causa degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici. Effetti aggravati da conflitti e condizioni di povertà estrema. Nello stesso tempo, molte regioni sono oggi colpite, per la seconda volta in 4 anni, da una gravissima e prolungata siccità, la più grave degli ultimi 50 anni.Quasi ovunque, in Africa, l’intensificarsi di questi eventi meteorologici estremi avviene in paesi già devastati da conflitti e violenza: nel 2019 nell’intero continente ai 7,6 milioni di sfollati in fuga da conflitti, si sono aggiunti 2,6 milioni di profughi del clima. Con alcune delle più situazioni più gravi che si sono verificate in Etiopia, Somalia, Sudan e Sud Sudan. Tre paesi che hanno dovuto fronteggiare simultaneamente l’esodo di oltre 1 milione di persone costrette a fuggire da guerre e siccità.Insomma una situazione sempre più fuori controllo e vicina ad un punto di non ritorno, di fronte a cui la comunità scientifica internazionale ha già ampiamente dimostrato quanto all’origine dell’intensificarsi di eventi meteorologici estremi, ci siano proprio i cambiamenti climatici. È solo di qualche giorno fa uno studio firmato da 11.000 ricercatori di 153 Paesi, tra cui circa 250 italiani, pubblicato dalla rivista BioScience, in cui si avverte che la Terra è in piena "emergenza climatica", e di questo passo "indicibili sofferenze umane" saranno inevitabili. Pur contribuendo solo per il 5% all’emissione di gas climalteranti in atmosfera, l’Africa è il continente più colpito dall’emergenza climatica. Uomini, donne e bambini che, partendo già da una condizione di estrema vulnerabilità, stanno letteralmente esaurendo le loro riserve di cibo a causa degli shock climatici, e che per questo hanno bisogno immediato di aiuto prima che sia troppo tardi.È un flusso che non si esaurisce. Perché la siccità, la peggiore da 50 anni, non allenta la sua morsa. Il flusso dei disperati si riversa dove può in cerca di cibo . O si accalcano nel campo profughi di Dadaab, il più grande al mondo.  In diversi non ce la fanno, e muoiono lungo il tragitto, a volte 200 chilometri a piedi senza cibo e con pochissima acqua. Spesso depredati dai banditi. Arrivano stremati  i volti scavati e le costole che affiorano dalla pelle tirata per la fame. Lo sguardo spento, perso nel vuoto. I volti delle donne ricoperte dal velo, quelli degli anziani e dei ragazzini, cambiano ma sono tutti uguali. Proseguendo il loro cammino, lanciando solo una rapida occhiata ai cadaveri distesi sulla strada. Tutte le ong stanno facendo la loro parte, ma è una sfida più grande di loro. Ognitanto qualcuno tenta la sorte e arriva a infilarsi nel tubo di un carrello aereo per provare a vivere, per cercare di vincere la morte certa. E muoiono secondo un destino già segnato. Però oggi la Durso non posso vederla, la Roma perderà,  e di tutti questi morti, diciamolo… chissenefrega.14 anni. Voleva solo fuggire dalla fame e dalla povertà. Ma non c’è posta e non c’è posto per lui nell’Europa cristiana. Questa è la verità. Di cui, prima o poi, qualcuno ci chiederà conto.

Leo Nodari

leonodari