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Aldomoro

Non mi sembra possibile. Ma è così. Invitato da un liceo a parlare di Moro e Impastato mi accorgo che delle vicende legate alperiodo chiamato “anni di piombo”, i ragazzi non sanno nulla. Eppure tra il 1970 e il 1990 hanno determinato fra vittime individuali, stragi terroristiche e violenza politica -628 morti eoltre 3000 feriti. Eppure è un periodo della nostra storia recente, che  spesso, viene rimossa, per motivi di non conoscenza, d’ignoranza, di pigrizia culturale e di indifferenza.Eppure, i 16.615 attentati compiuti (Sergio Zavoli “La notte della Repubblica” ed.2009) sono la riprova di un disegno eversivo che ha cercato di minacciare e colpire drammaticamente la nostra democrazia repubblicana. Se è necessario diffondere e alimentare la cultura della legalità, della giustizia sociale, e della solidarietàè un dovere anche ricordare le vittime del terrorismo. Vite che sono state sacrificate dalla violenza del terrorismoSpiegare, informare, testimoniare che cosa sono stati gli  “anni di piombo” per chi li ha vissuti, è anche un dovere civico verso le vittime di quei anni opachi e drammatici. Per farlo è necessario sgombrare il campo da tanti misteri. A partire dal “caso Moro”. 42 anni di distanza la Commissione d’inchiesta parlamentare ha riscritto la verità storica sul caso Moro, superando la tesi ufficiale che voleva le Brigate Rosse come unico responsabile della morte del Presidente della Dc e degli uomini della sua scorta. Quello che traccia la Commissione è un quadro a tinte fosche, che chiama in causa numerosi soggetti: dai servizi segreti deviati italiani, alla criminalità organizzata, fino alle agenzie d’informazione internazionali. Il manipolo di bestie assassine, la bassa manovalanza, la monnezza di utili idioti, è brigatista. Ma dietro queste bestie chi c’è ? più di quarant’anni dai fatti, alcuni aspetti del sequestro non sono ancora stati chiariti. Anzi, l’ultima commissione parlamentare d’inchiesta nella sua relazione finale ha sostenuto in modo chiaro e inequivocabile che “…quella che conosciamo è unaverità di comodo. Una versione ”dicibile”. Una verità parziale. Quello che si può raccontare. Solo una verità parziale.Comoda sia per lo Stato che per i brigatisti. In tanti sono venuti a dirci che su Moro ormai si sa tutto, scrivono i commissari, e invece di cose nuove ne son saltate fuori eccome. Cinque processi, diverse Commissioni d'inchiesta, tra cui due specifiche a indagare, e tante inchieste giudiziarie collaterali a cercare di aprire un varco nel buio dei fatti accatastati da 42 anni, nonostante la consegna della verità - cosiddetta ufficiale - sia avvenuta ormai nel lontano 1986 quando Valerio Morucci e Adriana Faranda, i due capi redigono il memoriale che secondo loro avrebbe dovuto chiarire tutto. Ma, come tutti i traditori, sono peggio degli altri, sono monnezza della monnezza. Chi può credergli ? Infatti , documenti e registrazioni alla mano, si è scoperto che le BR sono state solo comprimarie nel “caso Moro”. Questo non riduce le loro responsabilità, anzi le aumenta. Perché oltre ad essere criminali, bastardi, sono anche bugiardi.Come tutti i traditori. Solo monnezza. Dei venduti senza dignità. Ma , così, ancora oggi, la verità è schiacciata da una montagna di dubbi. E’ ormai certo che in Via Fani, insieme alle Brigate Rosse, vi fossero elementi dei servizi segreti deviati dello Stato che dettero appuntamento ai brigatisti, che segnalarono l’arrivo dell’auto di Moro, che si allontanarono con loro. Poi c’erano uomini della mafia romana (Banda della Magliana) . Ma non solo, c’era un agente del kgb russo che ha sempre asserito di essere passato li “per caso”, e uomini dei servizi segreti americani,che avevano interesse, per lo meno, a creare caos in Italia e impedire un asse DC-PCI. Oltre a questo è emerso che in via Fani vi erano almeno due persone che parlavano in tedesco, è stato, infatti, più volte ripetuto il termine “Achtung”. Non è chiaro però se fossero tra i terroristi o agenti dei servizi. La Commissione scrive che è logico “…Pensare che a Roma ci fosse un tavolo in cui diversi soggetti, dalla BaaderMeinhof, alla CIA e al KGB, si sedevano e mettevano in moto una strategia non è, diciamo, un po’ fuorviante. Nel 1978 KGB e CIA, i servizi segreti sovietici e americani, si sparano in tutto il Mondo. Invece in Italia entrambi convergono sulla necessità di eliminare Moro per obiettivi diversi. Quando il 29 maggio del 1979 vengono arrestati i fidanzati delle Brigate Rosse, cioè Valerio Morucci e Adriana Faranda, nella casa di uno dei più importanti agenti del KGB italiano, il professore universitario Giorgio Dario Conforto, in quella casa si trova carta intestata dello Ior di Marcinkus. Noi scopriamo che Marcinkus, oltre ad essere un vescovo a capo dello IOR, è anche un’agente della CIA. Scopriamo che il prof. Conforto è un’agente della CIA e del Sismi e scopriamo anche che in quella casa c’è carta intestata dell’Istituto religioso vaticano Pro Deo il cui capo è Padre Morlionmembro della CIA Italia. In quella casa c’erano la CIA, il KGB e lo IOR. Bisogna tenere presente che l’arresto Morucci – Faranda non è un arresto, la coppia si è consegnata alla Digos per paura che Moretti li uccidesse. E si sono consegnati tramite l’autosalone (AutoCia) che era degli uomini della Banda della Magliana. Tutti questi avevano interessi diversi affinché Moro venisse eliminato perché Moro voleva realizzare la democrazia compiuta. Per tutte queste ragioni Moro è un personaggio fortemente scomodo, che viene eliminato con la complicità delle Brigate Rosse.All’interno delle quali ci sono gli infiltrati dei servizi segreti deviati italiani, e con la complicità della criminalità organizzata come Camorra, Ndrangheta e Mafia che rendono un servizio al potere. A 42 anni da quella tragedia, molti sono ancora i misteri: chi e dove lo hanno ucciso? E’ vero che le Br lo “cedettero” alla banda della Magliana? E che furono eterodirette, dalla politica e dall’estero? L’omicidio che lacerò la fragile democrazia italiana è ancora un nervo scoperto della storia patria, più si tenta di rimuoverlo più lo strappo si allarga, la ferita sanguina.Potevano quattro monnezzari, quattro poveracci invasati, quattro assassini da agguati alle spalle, terroristi casalinghi alla buona, compiere un massacro di assoluta precisione militare, condotto con estrema freddezza, senza sfiorare il presidente della Dc? Gestire il rapimento in una città blindata ? O almeno così sembrava. Che cosa accadde davvero nei quasi due mesi della prigionia del leader politico? Lo cercavano sul serio, oppure si evitò accuratamente di trovarlo? Quanti ne temevano il ritorno? Ancora: rispetto all’uccisione di Moro, i rilievi del RisCarabinieri fatti di recente dicono che non è possibile che sia stato ammazzato come hanno sempre raccontato i brigatisti, nel bagagliaio dellaRenault 4, perché il garage dove l’auto si trovava era così piccolo che non si poteva nemmeno aprire del tutto il portellone.La Commissione conclude che non è trattato solo di disattenzione, ma che negli apparati dello Stato qualcuno non ha voluto vedere.Monnezzari,ma mafiosi, come bassa manovalanza. Servizi deviati. Depistaggi. Processi farsa. Falsi pentiti. Occultamento delle prove. Tanti che cercano ma nessuno che trova quello che era davanti agli occhi. Cambia solo la data. Ma la storia si ripete. Aldo Moro, come Paolo Borsellino, come tanti servitori dello Stato vittime del terrorismo, stanno ancora aspettando la verità.

Leo Nodari