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PasolinileoIo so.Io so i nomi dei responsabili. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato. Io so i nomi del gruppo di potenti. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Nella notte del 2 novembre del 1975 veniva ucciso, barbaramente assassinato, all’idroscalo di Ostia il grande scrittore, saggista, giornalista, regista, sceneggiatore ed intellettuale PPPasolini. Una morte che ancora oggi presenta più di un punto oscuro e che con la morte di Pino Pelosi potrebbe essere sepolta per sempre. Cosa successe quell'ultima notte, quella manciata di ore tra la cena con Ninetto Diavoli e la morte sulla via dell'Idroscalo ? Cosa successe in quel lasso di tempo nel quale è avvolto il mistero della uccisione di Pier Paolo Pasolini ?Chi e perché fu uccisol’intellettuale più scomodo del novecento. L’intellettuale  che non piaceva a nessuno. Che non piaceva soprattutto agli intellettuali; perché era il contrario di quel che in genere essi sono, cauti distillatori di parole e di posizioni, pacifici fruitori della separazione fra “letteratura” e “vita”. Giacché, come scrive la Rossanda, se una cosa è certa è che questo improvviso riconoscersi tutti nelle sue ragioni, da morto e in questo modo, è davvero uno sbeffeggiamento che gli restituisce questo mondo non amato e che non lo ha mai amato. Penso che su questo fervore e i suoi corollari, Pasolini avrebbe – se è lecito immaginare questo gesto in un uomo così dimessamente gentile – sputato sopra. Tanta falsità, tutto il genuflettersi degli intellettuali di oggi, dei sinistrorsi di oggi, dei libertari di oggi,  sono la seconda macchina che passa sul suo corpo. Giacché del valore dirompente, violento, della sua “reazione” nulla resta, nella elegia delle prime, seconde e terze pagine che oggi gli sono dedicate da persone come Sanguinetti che scrisse all’epoca “Finalmente ce ne siamo liberati”Lo ammazzano nuovamente e con più violenza oggi i suoi veri nemici di sempre, che non il ragazzo di strada che fu pagato da qualcuno per portarlo in quel posto a quell’ora Ad anniversari alterni, torna a suscitare clamori a mezzo stampa l’ipotesi di una riapertura dell’inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Ogni volta, il discorso si ripiega inesorabilmente su questioni di dettaglio, di sottobosco, e, in un modo o nell’altro, ricolloca Pasolini in un mondo piccolo che non gli compete.Quando invece a mancarci è proprio il poeta riflessivo che dà vita all'intellettuale corsaro che attacca il conformismo dei benpensanti, le idee e l'essere della piccola borghesia dominante e il potere dei Palazzi che sono è l'espressione. Dimenticate subito i successi. Econtinuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare'', come recita uno dei suoi ultimissimi scritti “corsari”, preparato per un intervento al congresso del Partito Radicale, che non potette più tenere. In questa epoca di ipocriti, di falsi, di collusi, di uomini vermi che vivono strisciando, ci manca e tanto questo suo modo d'essere, il suo aver dato scandalo con le idee, come con la sua vita e la sua omosessualità, assieme alle sue poesie, i suoi romanzi, i suoi film e soprattutto gli innumerevoli scritti civili sulla società. Che l'hanno trasformato in una presenza costante, quasi sempre in crescita, del dibattito culturale non solo italiano, un punto di riferimento e una presenza sempre vivaMancanoi tantissimi e diversi scritti, di questo poeta, sciamano e martire nel senso letterale del termine (ovvero 'testimone')'' morto a soli 53 anni, ucciso da una banda di balordi per le sue idee e non per la sua “natura viziosa. Mancano la forza e l'incandescenza delle sue visioni, delle sue idee, delle sue profonde analisi rivelatesi quasi profezie sulla società industriale che ancora ci parlano nella nostra civiltà in profonda crisi. E non per un virus.Manca la sua poesia sull'assenza delle lucciole in una natura depredata dall'uomo. Manca il suo dito puntato ''Io so, ma non ho le prove'' sulle trame dietro i fatti di quei tragici anni tra stragi e terrorismo. Mancano gli sguardi ''Ragazzi di vita'' e ''Il sogno di una cosa'', ''Porcile'' e ''Affabulazione'', manca il profeta di ''Accattone'' e ''Mamma Roma''. Manca l’amore di ''Uccellacci e uccellini'' e ''Medea''. Manca il rispetto ateo de “Il Vangelo secondo Matteo''. Manca il coraggio di''Salò e le 120 giornate di Sodoma'' che ne fecero personaggio pubblico da rotocalchi, che sfruttarono anche lo scandalo dei suoi vari processi per ''oscenità'' o ''apologia di reato'' e del suo sentirsi ''inorganico'' e ''disomogeneo'' al mondo in cui operava con quella sua ''retorica della provocazione'', lucido strumento demistificatorio  decomportamenti della cultura e della violenza della società ipocrita. Manca Pier Paolo. Manca un uomo vero, un gigante in questo tempo di nani.

Leo Nodari