Durante il Torneo Antirazzista, siamo tornati a Via Longo, uno dei quartieri popolari di Teramo ormai dimenticato. Qui, edifici un tempo destinati a ospitare chi non aveva una casa sono oggi murati, invasi dalle erbacce e abbandonati al degrado. Quelle palazzine, nate per offrire un rifugio alla classe lavoratrice esclusa dal mercato immobiliare, rappresentano oggi una ferita aperta nel tessuto sociale della città.
Mentre la crisi abitativa si aggrava, con sempre più persone costrette in condizioni precarie e le domande di alloggi popolari bloccate in un limbo burocratico, la situazione a Via Longo diventa l’emblema di una politica pubblica assente. La forbice tra i redditi e i canoni di affitto si allarga, trasformando la casa in un miraggio per molte famiglie.
Negli ultimi anni, le promesse di interventi si sono susseguite, senza però tradursi in fatti concreti. Il blocco degli sfratti nel cratere sismico e l’istituzione di un’unità di stato emergenziale sembrano essere spariti nel nulla. L’ultimo progetto annunciato – la riqualificazione di due sole palazzine su sei, con 36 alloggi da finanziare tramite mutuo e accordi con privati – non solo appare insufficiente, ma è fermo ancora ai blocchi di partenza.
Nel frattempo, in città, persone continuano a dormire per strada, come testimonia la scalinata del Duomo a piazza Martiri della Libertà. A Teramo manca una strategia pubblica organica per affrontare l’emergenza abitativa, incapace di mettere in rete i bisogni e di superare la gestione emergenziale.
Tra le responsabilità politiche spicca l’assessora Stefania Di Padova, titolare delle politiche sociali e abitative, che da mesi evita ogni confronto serio e ogni assunzione di responsabilità. Non si hanno notizie sulle case ATER trasferite al Comune, né sul funzionamento del dormitorio affidato alla Caritas, mai reso davvero operativo.
La retorica rassicurante dell’assessora, che fino a poco tempo fa negava la presenza di persone senza tetto, è stata spazzata via dalla realtà: nessuna assistenza è stata garantita, e l’emergenza ha mostrato tutta la sua drammaticità.
L’ultimo colpo arriva dallo sgombero improvviso di 12 famiglie da un palazzo ATER di Via Arno, dichiarato inagibile dopo nove anni di segnalazioni ignorate. Le famiglie sono state trasferite senza preavviso in un altro comune, lontano dalla propria vita e dalle proprie radici.
Questo episodio denuncia la fallimentare gestione post-sisma, che ha provocato un’ulteriore marginalizzazione sociale e la sottrazione di patrimonio pubblico. Non è più accettabile che la gestione dell’emergenza si traduca in una prassi ordinaria di abbandono e spostamento forzato.
Di fronte a questa situazione, è urgente che l’amministrazione comunale, l’ATER, la Regione e il Prefetto diano risposte concrete. Non servono più parole vuote e progetti irrealizzati: servono case, un dormitorio attivo e il blocco immediato degli sfratti.
Teramo è pronta a lottare per il diritto alla casa, per la dignità di chi oggi vive nell’ombra del degrado e dell’abbandono.