La sanità abruzzese continua a essere raccontata attraverso una narrazione parziale e autocelebrativa da parte delle figure apicali della Regione: il presidente Marco Marsilio, l’assessore alla Sanità Nicoletta Verì e i direttori generali delle ASL. Una narrazione fondata sull’autocertificazione dei risultati, che esalta pochi reparti definiti “di eccellenza” e aggira sistematicamente un’analisi seria e complessiva dello stato reale del sistema sanitario regionale.
Dietro la celebrazione di singole realtà, infatti, restano irrisolte criticità strutturali evidenti: carenze croniche di personale, servizi territoriali in affanno, liste d’attesa sempre più lunghe, cittadini costretti a rinunciare alle cure o a rivolgersi fuori regione. Una realtà quotidiana che poco ha a che fare con il racconto trionfalistico proposto ai cittadini.
In questo quadro appare particolarmente contraddittoria la decisione della ASL di Teramo di istituire una commissione per la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva dei medici di medicina generale. Gli stessi professionisti ai quali, da un lato, viene chiesto di aumentare il numero degli assistiti per supplire alla grave carenza di medici sul territorio e, dall’altro, vengono ridotte le risorse economiche e gli stipendi, nonostante l’aumento del carico di lavoro.
Medici che oggi si vedono sottoposti a un ulteriore livello di controllo, presentato come strumento di efficienza e addirittura come motivo di vanto. Evidentemente non bastavano gli strumenti già esistenti in materia di appropriatezza prescrittiva, come il manuale Rao. Si è scelto di istituire una commissione che rischia di configurarsi più come una forma di censura dell’operato dei medici di medicina generale che come un reale supporto a un’attività quotidiana già svolta in condizioni sempre più difficili.
Si tratta di un controsenso evidente. I medici di medicina generale rappresentano il primo presidio del Servizio sanitario nazionale e operano sulla base di una conoscenza profonda e continuativa dei pazienti: storia clinica, terapie, condizioni sociali e familiari, rapporto fiduciario costruito nel tempo. Nessuna commissione potrà mai disporre dello stesso patrimonio informativo né sostituirsi a una valutazione clinica fondata sull’esperienza diretta.
Dal punto di vista tecnico-sanitario, ridurre l’appropriatezza prescrittiva a una valutazione amministrativa ex post significa svuotare di significato l’autonomia professionale del medico e scaricare sui singoli responsabilità che derivano invece da problemi strutturali: carenza di personale, organizzazione inefficiente, assenza di servizi territoriali adeguati.
Ancora una volta, anziché intervenire sulle vere criticità del sistema sanitario regionale, si preferisce spostare l’attenzione sui professionisti, in particolare sui medici di medicina generale, che continuano a garantire l’assistenza nonostante condizioni di lavoro sempre più gravose.
Una sanità pubblica credibile non si costruisce con comunicati trionfalistici, con l’esaltazione di poche eccellenze e con provvedimenti contraddittori. Serve un’analisi complessiva, onesta e responsabile dell’intero sistema sanitario abruzzese. Finché il presidente Marsilio, l’assessore Verì e i direttori generali continueranno a limitarsi all’autocertificazione dei risultati, senza autocritica e senza interventi strutturali, la distanza tra propaganda e realtà quotidiana vissuta da cittadini e operatori sanitari resterà inaccettabile.

