Costretto “all’esilio” dall’attuale situazione del Liceo Delfico e dall’inesistenza di strutture adeguate ad ospitare eventi teatrali, ho assistito alcuni giorni fa, al saggio di fine anno del Liceo Coreutico di Teramo, che è stato allestito nel meraviglioso Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. Mosso da un impeto di entusiasmo, unito ad un fremito di indignazione, confesso la mia assoluta meraviglia nel raccontare di aver assistito non ad un classico “Saggio” - quello col vociare dei parenti in sala, il lamento dei bambini, le decine e decine di telefonini che riprendono il palco e disturbano, lo sventolio nervoso dei ventagli, la lunghezza infinita e defatigante – ma ad un vero e proprio spettacolo di danza, nelle articolazioni classica, di carattere e contemporanea, rappresentato in una atmosfera elegante, partecipata, attenta. Ci è stata così offerta una serata nella quale agli interessanti brani musicali si è via via aggiunta la coreografia studiata dagli insegnanti per i ragazzi, così forte e coinvolgente da catturare l’attenzione e spingere lo spettatore a seguire non una dimostrazione delle acquisizioni apprese ma a coinvolgersi in una proposta artistica autentica. Una immersione nelle emozioni e nei messaggi che un’arte antica e potente come la danza, sa regalare. E questo mi ha colpito. Il livello assolutamente significativo del lavoro presentato: non già resoconto ma proposta, non già autocelebrazione ma confronto, non già atto dovuto ma liberissima offerta culturale; e così, per me che ho sempre guardato alla danza come ad una forma d’arte di nicchia, come ad una espressione culturale non facile da comprendere, è stata sorprendente la scoperta di leggere nelle sequenze dei movimenti del corpo e nel loro valore simbolico, una visione del mondo con la quale confrontarmi, un suggerimento adeguato alla mia sete di conoscenza, di comprensione, di osservazione della realtà e di me stesso. Ho notato che nulla era lasciato al caso o alla pura improvvisazione, nulla era ridotto alla categoria della fatalità (“vada come vada”) ma tutto, ogni passo, ogni brano, ogni movimento, si poteva iscrivere in una dimensione professionale, il cui obiettivo era di disegnare una autentica operazione culturale. Col suo fascino e la sua ricchezza. L’indignazione di sopra, perciò (quella di dover prendere atto di un trasferimento in altra provincia, sebbene la lusinga del Ventidio Basso abbia mitigato in parte lo sconforto) è cosi progressivamente diventata una amara certezza:costatare che questo vero e proprio patrimonio di prospettiva che sono i ragazzi del Coreutico, unito al capitale rappresentato da un corpo docente evidentemente consapevole di ricoprire un ruolo speciale e meravigliosamente interprete di ciò, corrono il rischio di essere colpevolmente ignorati da chi invece dovrebbe tutelarli, aiutarli a crescere, favorirli. Ho avuto la chiara percezione di una discrasia tra il mondo della passione autentica che si esprime nella autorevolezza scolastica e quello “altro” che si compiace di qualche comparsata ad uso flash ma non sfiora nemmeno con l'intuito tanta ricchezza. Insomma: c’è un patrimonio in questa città, un patrimonio di applicazione, impegno, studio, competenze, che vedo sottovalutato e rischia, per le conseguente del malaugurato sequestro della struttura dove è nato e si è prodotto fino a pochi mesi fa, di finire in un limbo inadeguato alle promesse e alle possibilità (dimostrate nel saggio di cui parlo). E c’è da aggiungere che a latere di questa scuola, c’è un’altra istituzione di particolare importanza: il convitto, la struttura che ospita studentesse e studenti non residenti. Potrebbe e dovrebbe essere un fiore all’occhiello,che arricchisce l’offerta formativa e che invece, dopo il famigerato sequestro, ha subito un ridimensionamento tanto preoccupante da spingere alcune famiglie a ritirare il proprio figlio. Un depauperamento culturale e sociale per la nostra città, del quale ancora una volta, non ci si rende minimamente conto. Ecco, la serata mi ha offerto queste contrastanti emozioni: da un lato il tuffo in una dimensione alta, interessantissima, privilegiata, dall’altro la paura che tanto patrimonio svilisca e che diventi solo una scuola, per la quale garantire semplicemente l’entrata e l’uscita. La foto finale con tutti i ragazzi, gli insegnanti e il personale ATA, è stata l’immagine folgorante di una comunità pronta a continuare un cammino di qualità e di felicità Speriamo non sbiadisca..
LETTERA FIRMATA