• MCDONALDS
×

Avviso

Non ci sono cétégorie

Schermata_2022-11-26_alle_10.59.31.png
Il 2022 verrà ricordato come l'anno dei centenari, soprattutto politici e letterari: la marcia su Roma, Pasolini, Fenoglio, Verga, Eliot e Pound con la loro La Terra Perduta, e altri.

Ma c'è un centenario che in Italia nessuno ha ancora celebrato, sicuramente per la sua certo non facile trattazione, perché sono pure passati cento anni dalla prima edizione de L'Ulisse di James Joyce, libro corposo, spaventoso, il Moloch, la corazzata Potëmkin della letteratura del '900, affare assai complesso che pochi hanno letto e, grazie a Dio, quasi nessuno cita, lavoro più intellettualistico che letterario,  chiave di volta, insieme all'opera di Eliot-Pound, che ha chiuso la porta della comunicazione artistica portando alla luce la figura – il figuro – del Professorenpoesie, come scrive F.L. Lucas sulle pagine de The New Statesman del 3 novembre 1923 a proposito de La Terra Perduta – quindi né desolata né devastata perché nel poemetto si intende questa terrena come una occasione mancata –, vale a dire l'avvento della poesia accademica, scritta dai professori per i professori, il culto del difficile, della gratuita complicazione, triste lezioncina che ancora insiste nelle nostre fruste lettere che, inevitabilmente, allontana dal Vero, appesta, quando invece l'arte è sublimazione per semplificazione, che non vuol dire affatto semplice, ma, soprattutto, è arte solo ciò che si apre e offre all'uomo, al popolo.

A celebrare questo anniversario, però, ci pensa Massimiliano D'Aloiso che riduce e mette in scena l'undicesimo capitolo o episodio dell'opera, che Joyce titola Sirene, e questa scelta denota già una profonda conoscenza del testo e una certa capacità drammaturgica che ci mostra anche una sua misura esatta delle proprie capacità drammatiche.

Quindi, in questa sua lettura per la scena, D'Aloiso ci propone Joyce e le sue "sirene", in controcanto, anzi in dialogo, sirene in dialogo con l'attore che affida alla interpretazione di Aurora Aprano, che è autrice della musica che accompagna l'intensa performance di D'Aloiso e che la stessa esegue dal vivo direttamente in palcoscenico facendo della musicista e della partitura due ulteriori personaggi operanti sulla scena.

Ecco, in questo spettacolo avviene esattamente quella sublimazione per semplificazione di cui dicevo pocanzi, cioè dona quel Vero a un testo che, volutamente, non lo ha mai cercato, umiliato nell'esercizio di puro stile, che D'Aloiso ha saputo invece rendere umano, dell'uomo, uomo prima dispersosi nelle elucubrazioni joyciane, e ci è riuscito grazie all'intuizione musicale dentro la quale, insieme all'intervento della Aprano, ha saputo ricostruire questa particŭla dell'opera dello scrittore dublinese affidando il testo esclusivamente alla voce umana e al suo canto: quando un romanzo rivela una migliore riuscita drammatica che letteraria, è senz’altro un romanzo sbagliato perché non trova pieno compimento nel solo testo.

MASSIMO RIDOLFI