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al caro Maestro Bruno Di Pietro, Napoli: a mo’ di lettera aperta


È vero: nascere nell'area metropolitana di Napoli significa venire alla luce nel più straordinario teatro naturale del mondo perché armati del linguaggio – corpo e voce – più potente che ci sia.

Massimo Troisi nasce a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio 1953, a 10 minuti di macchina da Napoli. A San Giorgio a Cremano si sta stretti. Appiccicati proprio, perché è il terzo comune italiano per densità di popolazione, dove si vive in più di 10.000 persone in appena 2 kmq. E si sta addirittura più stretti a Casavatore e Portici, comuni sempre dell'area metropolitana di Napoli. Insomma, sulle tavole dell'inarrivabile teatro napoletano si sta in tanti e per farsi spazio bisogna sapere usare, prima della parola, il corpo, lo strumento primario e principale del linguaggio umano.

«Sono nato in una casa con 17 persone. Ecco perché ho questo senso della comunità assai spiccato. Ecco perché quando ci sono meno di 15 persone mi colgono violenti attacchi di solitudine.» racconta un giorno uno scherzoso Massimo Troisi a proposito della sua numerosissima famiglia di origine, che nel 1951 si riunirà tutta nella palazzina di Via Cavalli di Bronzo 31, sempre a San Giorgio a Cremano, insieme ai nonni materni, due zii e cugini, e dove Massimo verrà alla luce: questo ambiente famigliare è raccontato sin dal suo primo film, Ricomincio da tre, 1981.

Massimo è l'ultimo di 6 figli – 3 maschi e 3 femmine –. Il papà Alfredo manda avanti la famiglia con il suo solo stipendio da ferroviera, mentre la madre, Elena Adinolfi, si occupa della casa. Massimo è cagionevole di salute e gode di tutte le attenzioni possibili da parte della famiglia, ma ha sempre nascosto i suoi problemi di salute di cui sono a conoscenza solo i parenti e gli amici davvero intimi, e nel teatro della recitazione trova finalmente una ragione di evasione dai problemi che affliggono fin dalla nascita il suo corpo. Difatti, inizia a battere la scena napoletana per la prima volta a quindici anni, sulle tavole del teatro della sua parrocchia, la Chiesa di Sant'Anna di San Giorgio a Cremano, e con lui ci sono alcuni amici d'infanzia, tra i quali Lello Arena.

Ma torniamo al corpo.

Il corpo, nonostante il suo precario stato di salute, anima l'arte di Massimo Troisi; corpo che è macchina risolutrice della parola, del suo dire, perché la recitazione inizia, naturalmente, dal corpo dell'attore, cioè di chi agisce l'azione, e Troisi ha questo sentimento del corpo nella natura della sua persona: è il suo talento. Ricordo mia madre che appena lo vedeva cominciava a ridere, eppure, mi confessava, non comprendeva una sola parola di quello che Troisi diceva – ed erano in tanti ad avere questa sensazione quando lo vedevano in televisione o nei suoi film, soprattutto agli inizi –, ma questo non le impediva di capirlo perfettamente perché la sua comunicazione, per l'appunto, iniziava dal corpo: è il corpo, prima di tutto, che identifica l'essere umano dagli altri esseri viventi, non è certo la parola, che ha sempre in sé il seme dell’incantamento –  pensiamo solo per un attimo all’uomo in termini plastici, alla sua forma, al suo stare così eretto eppure capace delle peggiori storture: il corpo, a differenza della parola, non è capace alla menzogna, come non incanta la vecchiaia, ahimè, ahinoi.

Ma non basta ancora dire questo per almeno tentare di descrivere Massimo Troisi e la sua maestria, il suo davvero particolare talento.

Non basta perché bisogna aggiungere che ci sono gli attori, certo, quelli capaci di vestire innumerevoli ruoli; ma poi c'è il comico, L'Attore, che sta all'arte della recitazione come il poeta alla letteratura. È un'altra cosa. È un'altra cosa perché la comicità non si insegna così come non è possibile insegnare a essere poeta, eppure il comico ha in sé tutto lo spettro dell'interpretazione umana, dalla risata più sfrenata al pianto più tragico perché senza lacrime, ed è capace di tutto quello che può trovare spazio tempo e luogo tra questi due estremi. Il Comico è un poeta grandissimo perché, per dono, talento e vocazione, racchiude tutte le contraddizioni dell'uomo. Il Comico che, come nessun altro riesce, denuncia questo uomo inadeguato alle sue stesse strutture, che sono quelle che lui stesso si è dato, tragicamente: pensiamo per un attimo al più grande poeta che il cinema ci ha consegnato, Charlie Chaplin, il Poeta in bianco e nero; pensiamo a quando il suo Charlot incespica, cade, ruzzola come una pallina magica per le progettate strade occidentali, illuminate, asfaltate, pulite, con marciapiedi e semafori, eppure inciampa, e cade. Solo il comico è capace, in una persona, di interpretare tutte le storture dell’essere umano.

Massimo Troisi era un Comico, un Poeta di cui va studiato e riscoperto Il linguaggio osservandone il corpo, di particolare fragilità e, perciò, di incredibile forza.

MASSIMO RIDOLFI