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corrosivoMi dispiace di dover parlare di un’intervista che in diretta hanno vista in pochi (risultando dal contatore di visualizzazioni in diretta della pagina facebook che la stessero seguendo da un minimo di 9 ad un massimo di 16 web-spettatori), ma sento il dovere di farlo, perché l’intervistato era l’ex presidente del Teramo Calcio, a cui sono state poste domande non in questa veste, ma in quella di gestore dello stadio “Bonolis”. L’amico Walter Cori ha voluto porsi nella sua trasmissione, che non è supergoal, la domanda del perché l’attuale società calcistica non giochi al “Bonolis”, trascurando il fatto che la domanda una risposta ce l’ha già ed è assai semplice: perché il “Bonolis” costa troppo e una società dilettantistica di calcio non se lo può permettere.

In precedenza (l’intervista a Iachini è stata trasmessa al termine della trasmissione), il presidente della Turris Val Pescara (società antagonista del Città di Teramo nel campionato di Promozione) aveva più volte asserito che la squadra calcistica di Teramo a Teramo deve giocare assolutamente, e ad ogni costo, senza che gli si obiettasse che una società dilettantistica non se lo può permettere, a meno che non fosse stato lui così tanto generoso da aiutare il presidente della società teramana a mettere insieme la somma necessaria per soddisfare le esigenze del gestore del “Bonolis”.

La stessa domanda, del perché il Città di Teramo non giocasse al “Bonolis”, è stata posta al gestore ed ex presidente del Teramo Calcio, società dallo stesso portata sportivamente alla rovina, e la risposta, o le risposte, che egli ha dato, chi mi legge e non ha seguito la trasmissione - nemmeno nella replica sul canale televisivo (il 99) già di proprietà dello stesso Iachini nella veste di imprenditore televisivo - può facilmente immaginarle. Anche le altre dichiarazioni di Iachini, comprese quelle sul PEF, sulla esclusione del Teramo Calcio dal professionismo e su altre questioni, compresa la famosa o famigerata concessione del “Bonolis”, chi mi legge può facilmente immaginarsele, anche se non era tra i 9-16 spettatori della trasmissione in diretta o quelli, ci si augura più numerosi, della replica televisiva sul canale 99.

Iachini ha detto le stesse cose trite e ritrite che ha detto in altre occasioni. La colpa di tutto quanto è accaduto, compresa la fine del calcio professionistico a Teramo e l’essere lo stesso finito nell’Inferno della Promozione, non è stata colpa sua, ma di altri; egli non si spiega come i teramani non gli siano riconoscenti per quello che ha speso per il calcio; che lui non poteva far niente per evitare che accadesse quanto è accaduto – senza che gli si rammentasse che qualche obbligo lo aveva, essendo socio sia pure di minoranza -, che toccava ad altri fare cose che non sono state fatte, che ci sono responsabilità anche del sindaco di Teramo e dell’Amministrazione Comunale, che non gli hanno consentito di fare quanto voleva fare e non gli hanno approvato il PEF, e degli imprenditori locali che non lo hanno sostenuto e lo hanno lasciato solo a spendere una barca di soldi. Insomma, lui si aspettava il riconoscimento dei teramani e invece ha avuto per ringraziamento parole ed atti per lui non piacevoli, anzi assai sgraditi. Gli è stato chiesto se fosse disponibile a fare uno sconto alla nuova società di calcio per giocare al “Bonolis” e ha risposto che non può, altrimenti ne rimarrebbe pregiudicata la richiesta di arbitrato che ha avanzato al Comune di Teramo per il riequilibrio economico finanziario nell’esercizio gestionale della sua concessione. Ha ribadito di essere disposto a restituire al Comune la concessione se gli si restituirà quanto da lui speso per averla… Insomma, la solita minestra riscaldata, più volte propostaci e ripropostaci da mangiare, pur essendo immangiabile. Gli è stato anche chiesto se fosse disposto a pagarsi una parte della somma richiesta per far giocare il Città di Teramo al “Bonolis” scambiandola con una sponsorizzazione, e ha risposto che la cosa gli sarebbe parsa il pagamento di una estorsione. Ha detto altre cose sulle quali non vale la pena soffermarsi, perché banali autodifese, di quelle che ci si possono attendere anche da quanti sono sovraccaricati dalle più numerose e severe accuse. Voglio solo annotare che l’aria dell’intervistato questa volta, contrariamente a tutte le altre volte precedenti, non era certo quella di un imprenditore di successo o di un vincitore, ma quella di uno sconfitto, che non si copre il capo di cenere solo per orgoglio mal riposto.

Ha dichiarato che aveva grandi sogni per il calcio teramano, per il “Bonolis” e per Teramo, ma che nulla gli è stato permesso di fare di quanto voleva fare e si riprometteva di fare di grande e di eccelso. L’impressione che ha dato è che non si renda ancora conto dell’amarezza dei tifosi teramani, della gravità e dell’importanza storica di quanto è accaduto, e che avrà un’eco nei decenni successivi, e che sia assai lontano dal potersene rendere conto e dal capire i tanti errori commessi, a partire da quelli di comunicazione e di un’empatia mai ricercata, per colpa di una supponenza senza pari. Ma lasciamo stare.
Sono rammaricato per il fatto che nulla gli sia stato chiesto sui tanti corsi e ricorsi, per il fatto che abbia detto cose poco chiare e confuse sui debiti non pagati, sulle rateizzazioni non chieste o chieste a tempo scadute, sulle quali egli ha detto che altri avrebbero dovuto fare e non hanno fatto. Sono rammaricato che nulla gli sia stato chiesto circa la denominazione “Teramo Calcio 1913”, restata ad un società non fallita, che egli ha ribadito essere esistente per via dell’attività calcistica femminile e perciò è impossibile che possa essere restituita o consegnata come testimone alla società che ne ha preso il posto nell’attività calcistica maschile.

Tutte cose banali. Ma voglio chiudere con un’altra riflessione. Non mi è piaciuto che ad una persona, alla quale io, “intollerantemente”, non concederei più il diritto di parlare in pubblico a Teramo e ai teramani, sia stato concesso il diritto di soliloquio comunicativo, prima sul web e poi televisivo, senza la presenza di una controparte e senza domande che risultassero per lui scomode o gli si facessero soverchie obiezioni. L’amico intervistatore, a mio avviso, non è stato cauto e non ha considerato che, quando si sente una campana senza sentire l’altra, la controparte, si corre il rischio di diventare il megafono propagandistico dell’intervistato. Anche senza volerlo, come sono sicuro che sia accaduto in questo caso, conoscendo la professionalità e la serietà dell’intervistatore, ma anche considerato che si può non essere immuni dal peccato di ingenuità. È stato spiegato che una controparte è stata cercata, nella persona del sindaco Gianguido D’Alberto, ma che non è stato possibile averla in trasmissione. Decidere di trasmettere lo stesso l’intervista di una delle parti, senza l’altra, mi è parsa azione assimilabile a quella di chi, non potendo mettere a confronto Zelinzki e Putin, decidesse di trasmettere comunque l’intervista a Putin, diventandone, di fatto, uno strumento di propaganda. Ed è accaduto, così, che Iachini abbia, sia pure in forma più tenue di altre volte, appuntato i suoi strali contro il sindaco di Teramo e il suo operato in un momento assai delicato, in cui lo stesso sindaco sarà chiamato a darsi da fare per essere rieletto. È stato accusato da qualcuno che è stato recentemente visto nei paraggi di esponenti in vista dello schieramento politico a lui avverso, e questo, purtroppo, può indurre a fare pensieri cattivi. Iachini ha detto che D’Alberto in certe situazioni, per difendere il Teramo Calcio, avrebbe dovuto battere i pugni sul tavolo e non lo ha fatto.

Purtroppo, gli si deve far presente che lui i pugni li ha battuti sul calcio teramano, tramortendolo e portandolo alla rovina.

Elso Simone Serpentini